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racconti di persone, polemiche ad personam

La violenza contro di noi

28 Novembre 2007
di Gabriella Bonacchi

Perplessa sullo pratica – la manifestazione separatista – che mi era apparsa più una riproposta che una proposta, il 24 novembre scorso mi sono tenuta ai margini della manifestazione. Né mi piacciono le false saggezze di chi “non c’era ma ci ha tanto pensato”.

Dunque è solo una riflessione marginale che ho da offrire. Scarto subito alcuni dati, apparentemente salienti ma di cui l’esperienza politica mi ha insegnato a diffidare: il numero delle manifestanti, il “numero” dell’espulsione di donne da parte di donne. Vorrei invece insistere su altri numeri, noti ma forse non abbastanza: e qui la manifestazione e i suoi numeri qualcosa hanno innescato. Quegli stessi numeri, che di norma mi accecano, una volta tanto mi appaiono di una chiarezza abbagliante.

Secondo i dati Istat, oltre 14 milioni di donne italiane sono state oggetto di violenza fisica, sessuale e psicologica nella loro vita. Ma c’è un dato, in particolare, che sconvolge e spinge a riflettere con una urgenza dolorosa: solo nel 24,8% dei casi la violenza è ad opera di uno sconosciuto, mentre il 69,7% degli stupri è proprio roba fatta in casa, per mano (diciamo così) del partner.

A letto con il nemico, scandiva qualche anno fa un film con Julia Roberts, in fuga da un marito violento e accanito fino al (direbbero le organizzatrici della manifestazione del 24 novembre) “femminicidio”. Sappiamo da Lonzi che è il personale la scena influente in cui si costituisce e articola le sue mosse la rivolta femminile. Il dato sconvolge – dunque – non per la sua novità né per la persistenza o per la recrudescenza che pure sono reali e impressionanti. No. Il dato sconvolge, innanzitutto mi sconvolge, perché riporta al centro dell’attenzione la questione biopolitica per eccellenza: la sessualità del due che taglia alla radice la specie umana. E’ questo taglio radicale che si annida nella violenza del maschio: padre, fratello e amante violento, ma anche tifoso in armi e irriducibile guerrafondaio.

Quella stessa umanità che si raccoglie in opere e pagine di struggente bellezza sembra covare in sé il disumano disprezzo per il corpo che ti dorme accanto, per la mano che ti nutre, per la bocca che più di tutto ti piaceva…Gli smaliziati teologi e darwiniani del mondo di oggi ci hanno insegnato a diffidare del destino e a guardare – nello stesso tempo – con maggior rispetto a quanto sfugge alla nostra autodeterminazione: se si è schiavi persino a casa propria di quelli che un tempo si chiamavano gli istinti

Questo taglio radicale sembra in qualche modo dare ragione del fatto che i maschi sono più capaci di sopportare il carattere disumano della propria umanità. E su questo hanno cominciato a riflettere alcuni uomini che, riunendosi tra di loro e con alcune donne, e rendendo pubblici i primi esiti del loro lavoro, hanno messo in questione non il taglio, ma il carattere programmatico della sua esistenza.

I sessi sono sempre due, ma dal due può scaturire una vera critica a quella disumana umanità che è tradizionalmente definita, ci dice Irigaray, da uno solo di essi. Cominciamo ad ascoltarli questi uomini, prima che l’arma del separatismo torni ad imporre come apparente via d’uscita il fragilissimo argine delle garanzie giuridiche. Che è, a ben vedere, l’altra faccia della medaglia: come alcune vicende degli anni 70 e 80 ci hanno (ahimè) insegnato.

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