Il volto è quello di una bella signora sui sessanta, occhi chiari, capelli lisci, maglione sportivo che copre la pancia. Una voluminosa pancia gravida, al nono mese. E’ questa una delle immagini con cui il settimanale Panorama promuove un radicale restyling. Lo slogan “il panorama sta cambiando” accompagna anche le altre icone della campagna: una parete grigia che lascia vedere le tracce di un crocifisso che vi era appeso e che è stato tolto (probabilmente dalla sessantenne incinta); un pallone da calcio ferito da un coltello insanguinato; un cittadino cinese che sventola una mazzetta di dollari. Sono questi i simboli dei “tempi che corrono”? La foto più inquietante è certo quella della nonna gravida. D’altronde non è lei, (la donna non la nonna), all’origine di tutto il disordine che c’è sotto il cielo?
Tra i tanti allarmi che ruotano intorno al corpo femminile, quelli legati alla genetica sono certamente seri. La copertina di questo stesso numero di Panorama li illustra con una schiera di bambini belli e inespressivi, tutti uguali. Nella cover story si parla del rischio eugenetico rappresentato dalla selezione degli embrioni da impiantare con le tecniche di fecondazione artificiale. Possibilità ampiamente sfruttata in Francia, come ha denunciato il professor Didier Sicard, presidente del Comitato nazionale francese di bioetica. Le diagnosi pre-impianto non avrebbero la finalità di curare, né di evitare disabilità intollerabili e prevenire l’aborto terapeutico, ma quella di sopprimere individui anche solo leggermente “difettosi” (Le Monde, 3/2). Una denuncia davvero forte. Soprattutto perchè espressa senza rigidità ideologiche e senza la pretesa di indicare un modello unico di maternità e di famiglia “perfetta”. Ma in Italia è stata ripresa solo da Il Foglio (6,7,8/2). D’altra parte qui da noi il confronto di idee su questi temi era già stato chiuso bruscamente dalla legge 40 e dalla campagna astensionista sul referendum.
Nella Francia di Sicard però c’è anche altro. Una giovane donna sorridente e incinta invade infatti la copertina dell’ultimo numero di Le Nouvel Observateur. Vive les bébés: così il settimanale celebra un altro record europeo dei francesi. Quello della natalità. Indice di fertilità: 2,1. In Italia 1,3. Più della metà dei bambini francesi nascono fuori dal matrimonio e 8 madri su 10 lavorano. Ci sarebbe da riflettere e da capire. Anche da parte di chi si riempie continuamente la bocca con la parola “famiglia”.
Il fatto è che la maternità resta al centro del discorso, ma raramente sa narrarsi. Ed è indubbio che il femminismo abbia le sue colpe. Ci ha liberato dal modello di maternità coatta, ma non ha saputo costruirne un altro, né imporre alla società di rendersi accogliente verso la nascita. Tocca andare a tentoni e mettere insieme come in un puzzle pezzetti di esperienza e storie di vita per costruire una narrazione pubblica. Come ha cominciato a fare Concita De Gregorio nel suo libro “Una madre lo sa” e nelle inchieste su Repubblica (20, 23, 27 febbraio).
E come fa Marina Terragni sull’ultimo numero di Io donna raccontandoci di Paola e Maria divenute madri con la fecondazione in vitro, l’una in Italia e l’altra in Austria. Sono storie che raccontano “un percorso di passione” e “l’accanimento di un desiderio” che non può essere demonizzato da chi non lo conosce.