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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Oltre la crisi, la leva della cura

19 Ottobre 2013
di Alberto Leiss

Non è chiaro se la “legge di stabilità” licenziata dal governo Letta possa essere considerata qualcosa di utile per reagire alla crisi, per “agganciare la ripresa”, come si dice. La maggioranza è divisa, i sindacati scalpitano, i Cobas manifestano a Roma, e mentre scrivo ci si aspettano reazioni aggressive dai giovani precari organizzati, dai No Tav che dalle valli del Nord Ovest scendono nella capitale.
Napolitano cerca di tenere insieme i cocci, ma si diffonde un senso di impotenza, di sfascio. Persino uno come Mario Monti fa le bizze. Da un lato compromessi e vecchie liti, le storie infinite di casa Berlusconi e dei suoi processi, gli insulti di Grillo. Dall’altro indignazione, rabbia, frustrazione sociale. Poi c’è chi scommette sull’astro nascente Matteo Renzi.
Ma che cos’è questa crisi? Che cos’è la agognata “ripresa”?
Giorni fa discutevo a Genova con un vecchio amico, un sincero socialista liberale. Questa crisi – mi diceva – non è come le altre. C’è stata una grande, lunga scossa tellurica. Ora forse c’è un riassestamento. Ma il panorama è inesorabilmente sconvolto. Non potrà essere qualche zero virgola per cento in più del Pil – anche se davvero arrivasse – a risolvere i nostri problemi. Bisogna prendere atto che niente è più come prima.
Allora bisogna guardare altrove, cambiare lo sguardo per trovare nuove soluzioni, altri paradigmi. Per esempio, propongo io, leggendo il libro – sottile ma assai denso – di Letizia Paolozzi: “Prenditi cura”. E’ il racconto di quasi due anni di discussioni in giro per l’Italia, tra molte donne e alcuni uomini, aperte dal documento “La cura del vivere”, elaborato nel settembre 2011 dalle femministe del Gruppo del mercoledì. Molte tracce di questa discussione le potete ritrovare anche in questo sito.
L’idea di partenza è molto semplice: la “cura” che soprattutto le donne hanno sempre offerto per assicurare la riproduzione e la “manutenzione” della vita, è in realtà un tessuto irrinunciabile di relazioni per tenere insieme il mondo, anche se non compare nel conto del Pil.
Il femminismo ha respinto questo ruolo delle donne come obbligo oblativo, socialmente e culturalmente imposto dal patriarcato. Ma oggi è forse maturo il tempo di un altro gesto. Giacchè – per quanto esistano servizi sociali rivolti a bambini, anziani, oggi poi brutalmente ridimensionati – esiste sempre un “resto” fondamentale “che non si sottomette al mercato”, imbracciamo questo “prezioso tesoro della cura” e facciamone leva di un conflitto capace di ribaltare l’organizzazione del lavoro e della vita. Affermando la forza dei desideri e dei sentimenti, contro la violenza di logiche produttive brutali, inumane e fallimentari.
Un “rovesciamento” che apre territori nuovi. Che può trasformare anche le relazioni tra donne e uomini.
Letizia descrive i luoghi del confronto e le persone che si sono appassionate al tema. Da una sede sindacale in quel di Reggio Emilia al Protomonastero delle Clarisse Cappuccine a Napoli. Dalle molte stanze abitate dai gruppi femministi al convegno organizzato a Roma dagli uomini dell’associazione Maschileplurale.
Questo naturalmente è un punto che mi interessa, riassunto in una citazione di Giacomo Mambriani, giovane padre: “Non possiamo pensare a prenderci cura del mondo se non siamo in grado di impegnarci nella cura domestica. Per le donne la cura è una gabbia? Ma io sto scoprendo quanto l’incapacità di cura sia per me un altro genere di gabbia”.
Un conflitto interiore che può produrre una diversa coscienza di sé e degli altri, e la forza per mutare pensieri e azioni, aprire lo spazio di una battaglia comune per cambiare assetti sociali e modi di vita. Non in nome di astratte identità collettive, ma riconoscendo pienamente le persone, uomini e donne e la loro differenza. Rovesciando, anche, la tendenza dell’economia in crisi a appropriarsi delle capacità di cura, soprattutto femminili, per puntellare un ordine ingiusto, che moltiplica le sofferenze.
E’ l’apertura di una ricerca, senza certezze acquisite. “C’è una voglia di cambiamento che corre sottopelle” – avverte concludendo Letizia – ma la sostituzione “di un vecchio ordine con uno nuovo non avviene di colpo. Si tratta, per adesso, di segnali baluginanti. Uno di questi segnali conduce alla cura”. Indica un’”avventura con molti rischi ma leva di trasformazione”.

DA LEGGERE

Letizia Paolozzi, Prenditi cura, edizioni ET.AL. pag. 80, euro 9. Nella collana “DUE” a cura di Lilli Rampello

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