Merci / Desideri

produrre e consumare tra pubblico e privato

Barletta, indignarsi non basta

11 Ottobre 2011
di Letizia Paolozzi

Antonia, Matilde, Giovanna, Tina: morte per il lavoro. E sul lavoro. Insieme, nel funerale, la bara bianca di Maria, quattordici anni, figlia del titolare del micro -maglificio. “Nel fabbricato crollato al piano terra c’era un piccolo laboratorio artigiano che non risulta regolamentato secondo le norme sulla sicurezza del lavoro e l’iscrizione all’Inps” (ironia macabra e involontaria del sindaco Pd di Barletta).

Autorità, istituzioni, per la gente si sono mostrati tutti inadeguati.

“Non date troppo spazio alle autorità” è stata la raccomandazione rivolta dalla Prefettura di Barletta, preoccupata per la tensione che poteva esplodere durante i funerali.

Eppure, quegli scantinati mica li trovi soltanto a Barletta. O nell’area vesuviana. Lì dentro produce un esercito di tre milioni di persone. Ricordate la poetica del sommerso o del lavoro molecolare dei rapporti Censis?

Da uno a quindici. Ogni tabella, studio, proiezione riguardante il mercato del lavoro prende come prima voce di analisi questi due numeri. Da 1 a 15 lavoratori occupati. Più “licenziabili”; guadagnano meno; hanno meno “diritto” di ammalarsi. È il mondo delle microimprese. Molte aziende si dividono in quattro, cinque parti per restare sotto la soglia delle 15 unità e non applicare lo Statuto dei lavoratori. Intanto, il sindacato ausculta il polso della Fiat e la sinistra si interroga sulle reali intenzioni dell’ad, Marchionne.

A Barletta, in via Roma, c’era, fino a quel lunedì, un “modello” di microimpresa. Quattro euro all’ora, per un numero di ore imprecisato. A seconda delle commesse.

Susanna Camusso, leader Cgil: «Siamo tutti responsabili se pensiamo sia normale lavorare per 4 euro l`ora». Vero, ma adesso Mariella, la sopravvissuta, che al momento del crollo era in bagno e si è salvata, non ha nemmeno quelli. “E quando esco dall’ospedale devo cercarmi subito un altro lavoro, ho tre figli e l’affitto da pagare” (dal “Corriere della Sera”).

Bisognerebbe ascoltare anche le voci delle interessate. “Che ne volete sapere voi che venite da fuori? Per voi contano solo le regole. Eravamo noi a chiedere di non essere registrate”.

Significa che, per competere con produttori più economici, ovvero con il mercato globale, anche nella filiera del tessile bisogna lavorare alle condizioni della giovane cinese migrante, protagonista di “Io sono Li”, film di Andrea Segre?

Tanti sottoscala. Laboratori di felpe, magliette, tute da ginnastica. A Barletta, in via Roma, si confezionava, si applicava l’etichetta, si tagliavano i fili sporgenti, si piegavano, imbustavano e impilavano gli indumenti.

La gente protesta: Non chiamatelo sottoscala.

Però l’edificio era fatiscente. Mettere in regola le lavoratrici avrebbe evitato il crollo? No, ma forse le lavoratrici non sarebbero state in un sottoscala a passarci dalle otto alle quattordici ore al giorno, a seconda di quante commesse il proprietario riusciva a ottenere.

Andavano verificati i rischi di staticità dell’edificio in seguito ai lavori di demolizione di un rudere attiguo, in corso da tempo per far posto ad un nuovo stabile. Poco prima del crollo era arrivata l’assicurazione: “Non c’è pericolo”.

Dice la gente che la colpa è dell’Ispettorato, delle Asl che non hanno vigilato. Ma come fanno 1.850 tecnici della prevenzione delle Asl a controllare 6 milioni di aziende, ha chiesto un operaio metalmeccanico?

Erano arrivate le crepe sui muri, gli impercettibili cedimenti, gli scricchiolii. Mariella: ”Ora non accusate il titolare: è una persona per bene. Qui si stava bene. Savio e sua moglie non sono degli sfruttatori. A giugno ci avevano anche messo la zanzariera alla finestra, perché di sera ci riempivamo di punture. Loro aiutavano persone che avevano bisogno, in fondo eravamo tutte ragazze madri”. La gratitudine è un sentimento complicato; comprende sfruttamento, complicità, famigliarità, vero affetto, bisogno.

Avevano dai 30 ai 38 anni, le quattro operaie morte che lavoravano per pagarsi affitto, benzina, mutui (forse il cinema o un vestito). Sotto le macerie, è morta pure la figlia del titolare, Maria, una ragazzina di quattordici anni. “Mi ero accorto che la palazzina aveva dei problemi, non ho dato l’allarme perché avevo paura dei controlli”, ripeteva lui senza darsi pace.

Il Presidente della Repubblica ha parlato di “sciagura inaccettabile”. Si stanno facendo “controlli incrociati” per scoprire altre microimprese. Ma basta tutto questo e la commozione e l’indignazione e la rabbia e la retorica per far emergere cento, mille sottoscala? Ma non bisognerebbe “anche” ascoltare la voce, quella delle sopravvissute, e ciò che ci stanno dicendo?

 

 

 

 

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