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Microcritiche / Lezioni di vita (già viste)

30 Marzo 2024
di Ghisi Grütter

THE HOLDOVERS – LEZIONI DI VITA – Film di Alexander Payne. Con Paul Giamatti, Dominic Sessa, Da’Vine Joy Randolph, Carrie Preston, Tate Donovan, Gillian Vigman, USA 2023. Fotografia di Eigil Bryld, musiche di Mark Orton.

“The Holdovers- Lezioni di vita” è un film piuttosto convenzionale che ci sembra di avere già visto, racconta una storia che ci sembra di avere già vissuto. Così è l’ultimo film di Alexander Payne, assente dal grande schermo da qualche anno, che aveva già ottenuto il premio Oscar nel 2005 come migliore sceneggiatura non originale (scritta con Jim Taylor) per “Sideways – In viaggio con Jack”. Questa volta la sceneggiatura è stata elaborata da David Hemingson.
The Holdovers- Lezioni di vita” è un film del passato che parla del presente: i ragazzi bartoniani adolescenti che rifiutano un insegnamento tradizionale sono i menagers e i politici di oggi. Ma fino a che punto Payne intende fotografare un pezzo di storia, un’epoca fatta di bowling, di canzoni di Cat Stevens, di pattinaggio e di reduci di guerra e fino a che punto, invece, intende essere di monito per le nuove generazioni per le quali contano solo i soldi, il successo, il potere e il compromesso?
Siamo nel 1970 alla Barton Accademy nel New England, una high school privata per figli di ricchi borghesi, quasi al confine con il Canada. L’integerrimo docente di storia è il Prof. Paul Hunham (interpretato da Paul Giamatti) che è piuttosto severo, ama le citazioni in latino e non si fa molto amare né dagli studenti né dai suoi stessi colleghi. Sotto le feste di Natale, mentre tutti i ragazzi vanno via, restano alla scuola in tre: il Professore, perché non saprebbe dove altro andare, Angus Tully (interpretato dall’esordiente Dominic Sessa), ragazzo intelligente ma ribelle e indisciplinato, costretto a rimanere a scuola perché la madre divorziata ha deciso di andare in luna di miele con il nuovo marito proprio in quei giorni e Mary Lamb (interpretata dal premio Oscar 2024 Da’Vine Joy Randolph), la cuoca che ha appena perso il figlio nella guerra in Vietnam.
In una gita non programmata a Boston i tre hanno modo di conoscersi meglio e di confrontare le proprie solitudini. Si scopriranno così le motivazioni del comportamento dei due personaggi maschili. Paul Hunham, figlio unico, sfoga con un eccesso di rigore la sua frustrazione di “perdente” per essere stato ingiustamente espulso da Harvard da studente, mentre si scopre che il padre di Angus Tully non è morto ma rinchiuso nell’ospedale psichiatrico di Boston e lo stesso ragazzo, nonostante non abbia ancora 18 anni, va in terapia e prende medicine antidepressive.
Peccato che le situazioni e le evoluzioni caratteriali dei protagonisti siano molto prevedibili e il finale sia costruito appositamente per commuovere. Quanti “bisbetici domati” abbiamo visto al cinema? Quanti scontri di personalità si trasformano in amicizia sullo schermo? In conclusione, anche se la regia è condotta con garbo, il film si regge prevalentemente sulla bravura di Paul Giamatti e su alcune battute ironiche.
Il film sembra girato proprio in quegli anni ‘70, pieno di dettagli vintage dell’epoca con una fotografia desaturata e dissolvenze incrociate, mentre il paesaggio innevato del Vermont e del Massachusetts sembra sottolineare la condizione di solitudine dei protagonisti.

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