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Microcritiche / Amarsi alla francese

4 Marzo 2023
di Ghisi Grütter

UNA RELAZIONE PASSEGGERA – Film di Emmanuel Mouret. Con Sandrine Kiberlaine, Vincent Macaigne, Georgia Scalliet, Francia 2022. Fotografia di Laurent Desmet.

“Chronique d’une liaison passagère” è una deliziosa commedia molto francese ed è recitata da solo tre attori (solo due in realtà, ma alla fine se ne aggiunge un’altra). È una storia antica, ma anche moderna. Charlotte (interpretata dalla bravissima Sandrine Kiberlaine) e Simon (interpretato dal sublime Vincent Macaigne) si incontrano a un vernissage e si piacciono, ma mentre lei è una donna emancipata single – nonostante abbia tre figli di cui solo il più piccolo vive con lei – Simon è uno sposatissimo, ha due figli, è timido e goffo e non ha mai tradito la moglie in quindici anni di matrimonio. L’antico della storia si evince forse nella poca disinvoltura che emana la figura maschile: «Come si fa a prendere una stanza in albergo così senza averla prenotata?» Oppure: «Si, però….entriamo separati…», mentre forse è un po’ eccessiva la sfrontatezza di lei, una donna decisa e spontanea che rende tutto facile e naturale (magari conoscerne persone così!!!!).
La goffaggine di Simon ricorda molto quella famosa di Allan Felix (in italiano tradotto come Sam Felix) il personaggio principale di “Play it again Sam” del 1972, diretto da Herbert Ross ma tratto da un pièce teatrale di Woody Allen. L’amico spavaldo di Allan Feix nel film cerca sempre di presentargli una ragazza per farlo fidanzare ma lui infila gaffe su gaffe. Nel personaggio di Simon in “Chronique d’une liaison passagère”, infatti, si riscontra la stessa imbranataggine maschile con le donne e lo stesso perbenismo, apparentemente, piccolo borghese. Anche la scena del gioco del tennis, dove il maschio fa la figura del perdente, sembra ricordare l’incontro di Annie Hall/Diane Keaton con Alvy Singer/Woody Allen in “Io e Annie”, film vincitore di 4 Oscar nel 1978.
Sicuramente Emmanuel Mouret, regista marsigliese cinquantatreenne, si è formato sui film di Allen, cogliendone alcuni lati umoristici, mentre ha ereditato da registi francesi famosi come Rohmer, la raffinatezza, l’eleganza delle immagini, i panorami, ma anche i dialoghi che hanno un tono decisamente rohmeriano.
La colonna musicale è strepitosa, significativo nel loro rapporto amoroso è il brano in cui Ravi Shankar, grande maestro di sitar, suona con la figlia Anoushka, tutto il resto delle musiche che accompagnano le immagini sono brani quasi esclusivamente di Mozart. Sui titoli di coda invece scorre la voce di Juliette Greco che canta La Javanaise, brano usato anche da Guillermo Del Toro per “La Forma dell’Acqua” come a sottolineare un amore intenso ma effimero.
Anche se nessuno dei personaggi è ritratto come un intellettuale, gli incontri tra i protagonisti avvengono spesso nei musei oppure in libreria: lui è un ginecologo che tiene corsi collettivi preparto alle puerpere, mentre lei non si capisce bene che mestiere faccia.
I luoghi nel film hanno un sapore particolare e sottolineano la loro storia e i loro convegni amorosi. Charlotte abita nel XIV arrondissement proprio di lato al Couvent Saint-François ed è in quella zona dove si svolgono la maggior parte delle scene, mentre gli incontri importanti avvengono, come già detto, quasi esclusivamente alle mostre (posti neutri?) o al Museo d’arte moderna della Città di Parigi o in altri meno riconoscibili.
Solo verso la fine del film Charlotte e Simon incontrano una ragazza inquieta e insoddisfatta che vive appena fuori Parigi, in una villa moderna arredata dal marito architetto e che sembra uscita da una rivista come “Marie Claire Maison”, piena di arredi status symbol. Divertente è la scena in cui Simon si toglie le scarpe per non rovinare il pavimento, ma non sapendo dove metterle le appoggia sul tavolino di Alvar Aalto!
Sono molto belle tutte le scene delle gite nei parchi che il regista marsigliese ha voluto girare nell’Alta Provenza a Vauveniers e a Gîte Le Coutelon, con la torre diroccata.
Il film è scandito dai giorni degli incontri come fosse un diario – che in francese di chiama journal intime – tutto inizia il 28 febbraio e prosegue nell’arco di due stagioni, tra la primavera e l’estate.
L’attrazione tra i due è un gioco, non ci sono legami vincolanti: lui alterna l’incoscienza al senso di colpa, lei invece è più pragmatica. Si dichiara aliena dal passionale, avendo già dato e sofferto sufficientemente tutte le sue emozioni in passato.
Nei loro incontri sembra che non debba succedere mai nulla e che ogni momento sia indipendente dall’altro, si rinnova il desiderio di stare insieme, ma qualche piccola cosa cambia ogni volta.
I due scherzano insieme sui vantaggi dell’essere amanti: non c’è routine, è vivo il desiderio sessuale, c’è il gioco e la voglia di stare bene, e si vivono completamente ogni momento insieme nel dubbio che forse sarà l’ultimo degli incontri. Certo, lei tace di proposito sui lati bui del ruolo dell’amante: l’essere messa da parte tutte le domeniche, celebrare i Natali e tutte le festività sempre da sola, non poter partecipare come coppia ad eventi ufficiali, doversi spesso nascondere e così via… Ma lui è un naif, non ha un retropensiero e si lascia guidare da lei in questa avventura apparentemente open.
Non sarà certo una coincidenza che quando si incontrano casualmente al cinema vanno a vedere “Scene di un matrimonio” di Bergman del 1973?
Ma quale sarà il limite tra l’avventura e il sentimento? E quanto potrà durare questa storia? Tutto ciò lo dovete scoprire da voi andando a vedere questo piacevolissimo film.

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