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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

La vita di un anarchico

1 Gennaio 2023
di Letizia Paolozzi

Alfredo Cospito

“Leggo soltanto quattro righe. Prima di scomparire definitivamente nell’oblio del regime del 41 bis lasciatemi dire poche cose e poi tacerò per sempre. La magistratura della repubblica italiana ha deciso che, troppo sovversivo, non potevo più avere la possibilità di rivedere le stelle, la libertà. Seppellito definitivamente con l’ergastolo ostativo, che non ho dubbi mi darete, con l’assurda accusa di aver commesso una “strage politica”, per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno e che di fatto non hanno ferito e ucciso nessuno. Non soddisfatti, oltre all’ergastolo ostativo, visto che dalla galera continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca per sempre con la mordacchia medievale del 41 bis, condannandomi ad un limbo senza fine in attesa della morte. Io non ci sto e non mi arrendo, e continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese. Siamo in 750 in questo regime ed anche per questo mi batto. Al mio fianco i miei fratelli e sorelle anarchici e rivoluzionari. Alla censura e alle cortine fumogene dei media sono abituato, queste ultime hanno l’unico obiettivo di mostrificare qualunque oppositore radicale e rivoluzionario. Abolizione del regime del 41 bis. Abolizione dell’ergastolo ostativo. Solidarietà a tutti i prigionieri anarchici, comunisti e rivoluzionari nel mondo. Sempre per l’anarchia” ha detto Alfredo Cospito.
Anarchico insurrezionalista, Cospito milita nella Fai-Fri Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale che teorizza anche la violenza politica contro lo Stato, il capitale e il marxismo. Nel 2013 è stato condannato a dieci anni e otto mesi di carcere per aver ferito alle gambe un dirigente dell’Ansaldo. Detenuto nel carcere Bancali di Sassari mentre la sua compagna, Anna Beniamino, è detenuta a Roma, già condannato in via definitiva per una serie di attentati tra il 2003 e il 2016, oggi rischia l’ergastolo ostativo per “strage politica contro la sicurezza dello Stato”.
Dopo sei anni passati in regime di Alta Sicurezza, il reato (aver fatto esplodere nel 2006 in orario notturno due ordigni a bassa intensità in una scuola di allievi carabinieri di Fossano in provincia di Cuneo, senza che questi causassero morti, feriti né danni gravi) è stato riformulato da attentato per finalità terroristiche (art. 280 c.p.) a strage ai danni dello Stato (art. 285 c.p.), il più grave del nostro ordinamento, che prevede la possibilità del “fine pena mai”, l’ergastolo ostativo (cioè ergastolo senza possibilità di liberazione condizionale e di ottenere benefici) della cui legittimità costituzionale si continua a discutere, attendendo il pronunciamento dell’Alta Corte.
Nel maggio di quest’anno, Cospito è stato sottoposto a regime di 41bis, il cosiddetto “carcere duro”, avendo intrattenuto negli anni relazioni epistolari con realtà del mondo anarchico, relazioni ritenute istigatrici dai magistrati. A dicembre, la misura è stata prolungata dal tribunale di sorveglianza di Roma per quattro anni, paragonando Cospito a un boss mafioso e le sue relazioni a quelle nella criminalità organizzata, dunque, immaginando la Fai come una rete basata su capi e gerarchie.
Cospito si è ritrovato con le ore d’aria diminuite. Le trascorre “in un cubicolo di cemento di pochi metri quadri, il cui perimetro è circondato da alti muri che impediscono alcuna visuale o semplicemente di estendere lo sguardo all’orizzonte, mentre la visuale del cielo è oscurata da una rete metallica”. La socialità “di una sola ora al giorno in una saletta assieme a tre detenuti, sottoposti al regime da numerosissimi anni, che in realtà si riducono ad uno in considerazione del fatto che un detenuto è sottoposto ad isolamento diurno per due anni e un secondo ormai tende a non uscire più dalla cella” (Livio Pepino sul sito Volere la luna ).
Non poter leggere giornali o libri, vedersi vietare ogni tipo di comunicazione, essere impossibilitato a pubblicare e diffondere le proprie idee, significa negare l’umanità dell’individuo dal momento che ciò che lo rende umano sono le relazioni. Ma secondo i giudici del tribunale di sorveglianza di Roma “lo status detentivo ordinario, anche in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio da parte di Alfredo Cospito del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza”.
Certo, Cospito non è un pentito e non è uno stinco di santo; non ha mai negato la sua appartenenza al “movimento anarco insurrezionalista” né l’approvazione per attentati e “azioni terroristiche contro persone”. Eppure, dove sta la proporzionalità nella sua pena e la funzione rieducativa della stessa? Non sarà che anarchici e appartenenti all’area degli antagonisti (penso anche ai no-Tav) sono trattati con una particolare ferocia, quasi dovessero sottostare a un castigo esemplare?
Cospito ha iniziato a ottobre lo sciopero della fame nel quale è arrivato a perdere ormai più di trenta chili. Scrive ancora Livio Pepino: “Lo sciopero della fame di detenuti potenzialmente fino alla morte (praticato assai più di quanto si dica: basti pensare a quel che accade, oggi, in Turchia e in Egitto) è una scelta esistenziale drammatica, che mostra un carcere senza speranza nel quale, come accade nel nostro Paese, si moltiplicano i suicidi (giunti, quest’anno, al numero senza precedenti di 80)”. Ieri il numero dei suicidi è diventato di 83.
Il detenuto decide di mettere in gioco il suo corpo non avendo altra forma di protesta e di lotta se non questo gesto materiale e simbolico nel quale autodistruggersi. Una “indomabile ostinazione” la chiama Foucault (La vita degli uomini infami. Forme di vita e politica).
Indomabile ostinazione ma Bobby Sands, morto dopo 66 giorni di digiuno, cambiò l’Irlanda.
Forse, grazie a un anarchico (anche se non è uno stinco di santo), può riaprirsi la strada dell’assennatezza giuridica. La sua protesta è sostenuta da molti: Radio Radicale, Nessuno tocchi Caino, Luigi Manconi, Zero Calcare… E forse, grazie a un anarchico e alla sua scelta di lasciarsi morire di fame, sorgono più dubbi sul 41 bis e l’ergastolo ostativo. Non sarebbe giusto però che la contestazione di un’ingiustizia, ovvero l’applicazione di un regime di detenzione estrema, equivalga a rinunciare alla vita. A noi sta troppo a cuore la vita, quella di un anarchico, quella di tutti, per accettare un simile baratto.

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