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Microcritiche / Un bel film per non dimenticare Srebrenica

3 Dicembre 2022
di Ghisi Grütter

QUO VADIS, AIDA? E IL BALKAN FILM FESTIVAL

Dal 29 novembre al 4 dicembre alla Casa del Cinema di Roma si tiene il Balkan Film Festival. È il quinto appuntamento annuale che ogni volta si arricchisce di contributi originali; quest’anno l’attenzione è rivolta alla valorizzazione della produzione dei giovani autori. Presentato dall’Associazione Occhio Blu, costituisce un’occasione di riflessione sulla società balcanica, sulle analogie e differenze sociali e culturali tra quei paesi confrontati anche con quella italiana.
Molti degli oratori che si sono succediti nella presentazione (Giorgio Gosetti, direttore della Casa del Cinema, Mario Bova, presidente dell’Associazione Occhio Blu, i registi Mimmo Calopresti e Francesco Ranieri Martinotti) hanno fatto notare che non si tratta tanto di “cinema dei Balcani” ma di “cinema” vero e proprio, e che la presenza di tante registe donne rende questo festival particolare.
All’interno del Festival si svolge anche un workshop dove si incontrano registi e produttori con figure istituzionali rappresentanti varie associazioni differenti. L’obiettivo è quello di promuovere nuove forme di partenariato produttivo e la creazione di un fondo comune di sostegno per le coproduzioni italo-balcaniche. Durante i sei giorni del festival vengono proiettati 18 film di cui i 12 in concorso, sono provenienti da dieci paesi diversi: Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Albania, Kosovo, Macedonia del Nord, Bulgaria, Romania, Grecia.
Il Festival presenta in apertura un film del 2020 fuori concorso: “Quo Vadis, Aida?”. Diretto da Jasmila Žbanić, regista bosniaca, è incentrato sulla strage di Srebrenica del 1995. In quella occasione Ratko Mladić causò la morte di 8.372 tra uomini e ragazzi alle cui donne sopravvissute è dedicato il film: “I nostri figli, padri, mariti, fratelli, cugini e vicini”.
Il tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia stabilì, l’anno dopo, che il massacro fu commesso con lo scopo di distruggere il gruppo etnico dei bosniaci e quindi è definito un “genocidio”. Ratko Mladić e Radovan Karadzić (all’epoca presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina) sono stati finalmente condannati all’ergastolo solo nel 2017, con conferma in appello di un anno fa.
Ma vediamo esattamente di che parla il film “Quo Vadis, Aida?”.
Aida è la nostra testimone, è lo sguardo che ha visto per tutti noi. È un’interprete che lavora per le Nazioni Unite nella cittadina di Srebrenica quando, nel luglio 1995, l’esercito serbo sotto il comando di colui che fu definito il “macellaio dei Balcani” (il generale Ratko Mladić) e l’appoggio del gruppo paramilitare degli “Scorpioni”, occupa la città. La famiglia di Aida è tra le migliaia di cittadini che cercano disperatamente rifugio nell’accampamento delle Nazioni Unite.
Aida è una donna colta che parla più lingue. Prima della guerra insegnava a scuola, dove aveva cura e pazienza con i bambini. Di fronte alla paura si trasforma in maniera repentina in una “madre coraggio” che non guarda più in faccia a nessuno pur di mettere in salvo la propria famiglia.
La vicenda prende spunto da fatti realmente accaduti al traduttore Hasan Nuhanovic, sui quali la regista, che è anche la sceneggiatrice, costruisce questo drammatico personaggio femminile. Sul volto di Aida, che sembrava non dover smarrire mai lucidità e controllo, si incolla la macchina da presa per tutto il film. Jasna Durićić, la bravissima attrice che l’interpreta, mi ha ricordato Anna Magnani in “Roma città aperta” di Roberto Rossellini del 1945 e in “Bellissima”, di Luchino Visconti del 1951, dove l’amore e l’istinto materno prevalgono su qualsiasi altro senso.
Di grande effetto è l’inquadratura all’esterno della base – resa con un improvviso movimento di macchina – dove si è rifugiata una parte della popolazione della città che non è potuta entrare nel cortile: uomini, donne, bambini e anziani, addossati ai cancelli. Così anche molto suggestiva è l’immagine di una donna uccisa mentre cucinava con il successivo primo piano del forno rimasto acceso.
Alcune cose mi hanno colpito molto: nel film è ben descritta la totale inconsistenza delle Nazioni Unite e la fiducia tradita nella umanità che non fa che mentire o negarsi alle proprie responsabilità. Infatti anche gli olandesi dell’Onu sono stati condannati per i trecento bosniaci che erano dentro il compound che hanno consegnato ai “macellai”.
L’altro elemento, a mio avviso degno di nota, è la straordinaria capacità della regista, di rappresentare l’orrore senza mai metterlo in primo piano. Il momento dell’uccisione di massa, ad esempio, non lo si vede: gli uomini sono inquadrati un attimo prima, poi sono in primo piano i mitra e poi uno stacco e la ripresa è all’esterno, dove dei bambini giocano a pallone, e si sentono le raffiche degli spari.
Il potere drammatico del suono mi ha ricordato un altro splendido film “Il figlio di Saul” di László Nemes del 2015 che ricostruisce la rappresentazione dello sterminio di Auchwitz basandosi solo sui suoni.
Presentato in concorso a Venezia nel 2020 candidato agli Oscar e ai Golden globe come miglior film straniero, “Quo Vadis, Aida?” è considerato un capolavoro e una vera e propria lezione di cinema. Il film di Jasmila Žbanić è stato recentemente insignito meritatamente del premio di miglior film europeo del 2021.

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