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Microcritiche / Mettere al mondo fumetti o una bimba?

30 Ottobre 2022
di Ghisi Grütter

NINJABABY – Film di Yngvild Sve Flikke. Con Kristine Kujath Thorp, Arthur Berning, Nader Khademi, Tora Christine Dietrichson, Silya Nymoen, Herman Tømmersaas, Mathias Kolstad Eriksen, Anita Gulliksnen, Norvegia 2021.

Ninjababy” è una commedia politically incorrect, divertente e bene interpretata dalla deliziosa Kristine Kujath Thorp, applaudita all’ultimo Festival di Cannes in “Sick of Myself” di Kristoffer Borgli.
Rackel (Kristine Kujath Thorp) è una ragazza single di 22 anni che vive a Oslo con Ingrid (Tora Christine Dietrichson), la sua roommate, e ricorda un pochino Julie, la protagonista del film “La persona peggiore al mondo” di Joachim Trier, anch’esso ambientato a Oslo. Entrambe sono giovani irrisolte che non hanno un rapporto affettivo stabile e duraturo e non possiedono ancora le idee chiare su cosa vogliono fare del loro prossimo futuro. Nei desideri di Rackel ci sono mestieri diversi come l’astronauta, la guardia forestale, l’assaggiatrice di birra, la cartoonist. In effetti disegna bene, possiede un buon sense of humour e ha in mente di elaborare una storia a fumetti sui ninja (ispirandosi alla graphic novelist Inga Saetre che ha curato la sceneggiatura con Johan Fasting e Yngvild Sve Flikke).
Le scene sono girate prevalente negli interni – gli alloggi disordinati dei giovani – e in alcuni spazi funzionali come palestra e ospedale. Oslo non è riconoscibile nei suoi luoghi più noti: la città è rappresentata da zone residenziali anonime e si intravedono qua e là le gru dei cantieri, sintomo di una città la cui edilizia sembrerebbe non conoscere crisi economica o fase di ristagno.
Un giorno Rackel accompagna in palestra Ingrid alla lezione di arti marziali e rincontra l’istruttore Mos (Nader Khademi), un ragazzo con cui aveva avuto un fugace, ma intenso, rapporto di una notte. Lei è molto imbarazzata ma lui è molto gentile e dopo qualche giorno la va a trovare per proporle di prendere un caffè insieme.
Rackel però aveva appena scoperto, quasi casualmente, di essere incinta – prendeva la pillola da qualche mese ed era convinta che le evitasse le mestruazioni – a questo punto sente che glielo deve comunicare e che lo dovrebbe coinvolgere in qualche misura. Mos l’accompagna in Ospedale dove lei pensava di abortire ma lì l’aspetta un’ulteriore scoperta: è incinta di sei mesi e mezzo quindi troppo tardi per l’aborto. Non solo, ma in questa situazione Mos non può essere il padre.
Risalendo con la memoria alla Pasqua precedente identifica in un ragazzo non particolarmente affidabile, detto Minchia Santa (Arthur Berning), il padre biologico del bambino. Va a trovarlo per comunicargli la notizia e trovare una soluzione al problema, visto che questo figlio lei proprio non lo vuole: ha solo 22 anni e ancora non ha un mestiere, quindi, non ha nessuna intenzione di crescerlo. Lui è incredulo diventa aggressivo e del bambino non vuole sapere nulla. Allora Rackel cerca di trovare per tempo un’adozione, ma vorrebbe scegliere lei i genitori cui affidarla, cosa non possibile. Si rivolge quindi alla sua sorellastra (interpretata dalla cantante Silya Nymoen) che da anni aveva cercato di rimanere incinta senza esito.
A questo punto si avvicendano tutta una serie di equivoci: Minchia Santa inizialmente shockato alla notizia di diventare padre ha cambiato completamente idea, mentre tra Mos e Rackel sta nascendo una relazione seria. Contemporaneamente la sorellastra di Rackel ha deciso di prendere il bambino in adozione, rinunciando a un lavoro prestigioso e discutendo animatamente con il proprio marito….insomma una situazione ingarbugliata. Ma come andrà a finire? Chi crescerà il nascituro?
Il racconto delle vicende inframezza i disegni alle immagini. Nel diario grafico Rackel umanizza le sue caricature e, nel proprio mondo immaginario, colloquia con il feto. Ne escono dialoghi divertenti che rivelano una sostanza più profonda che ha a che fare con l’ambiguo materno e con i sensi di colpa.
Ne scaturisce una domanda inquietante: perché se una ragazza non ha spirito materno la società la incolpa, e l’addita come snaturata? Rackel è una brava ragazza al di là del suo modo un po’ scombinato di vivere.
Così commenta la regista Yngvild Sve Flikke in una intervista: «Con “Ninjababy” volevo sollevare alcune domande sulla maternità. È qualcosa che viene naturale a tutti o è differente per ognuno di noi? Nella maggior parte del mio lavoro mi piace mettere in discussione i limiti di genere. Possiamo davvero dire che qualcosa è intrinsecamente femminile o maschile? Io non credo. Assieme agli sceneggiatori volevo ampliare il modo in cui le donne vengono mostrate nei film: scrivendolo, quindi, era importante non provare imbarazzo o non avere dei ripensamenti».
La regista norvegese ha scritto e diretto vari fictions e documentari per la televisione per molti anni prima del suo debutto cinematografico “Women in Oversize Men’s Shirts” (2015). I suoi lavori, presentate in numerosi festival internazionali, sono un punto d’incontro fra umorismo e serietà. “Ninjababy” è stato incoronato “Miglior commedia” agli European Film Awards e premiato al Giffoni e al South by Southwest (SXSW) di Austin.

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