Reale / Virtuale

informazioni, deformazioni, spettacoli, culture

Microcritiche / Un duca rapito a fin di bene

15 Marzo 2022
di Ghisi Grütter

IL RITRATTO DEL DUCA – Film di Roger Michell. Con Jim Broadbent, Helen Mirren, Fion Whitehead, Matthew Goode, Craig Conway, Heather Craney, UK 2021. Fotografia di Mike Eley, sceneggiatura di Richard Bean e Clive Coleman.

Il ritratto del duca” è un feel good movie, tratto da una storia vera che ha dell’incredibile.
Kempton Bunton (interpretato da Jim Broadbent) era un autista in là con gli anni, in pensione, che viveva con la famiglia a Bradford, in una città industriale dai mattoni rossi vicino a Leeds, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60.
Poiché la pensione non bastava per vivere, si ingegnava a fare lavoretti diversi, mentre la burbera moglie (interpretata da Helen Mirren) lavorava come domestica nella elegante casa di un Assessore. Avevano due figli di cui il più grande si era trasferito a Leeds mentre Jackie (interpretato da Fion Whitehead), il più piccolo, ristrutturava barche da pesca sognando di costruirne alcune di lusso e di girare il mondo.
Kempton era un autodidatta che ama le buone letture e scriveva anche romanzi. Adorava Cechov che preferiva addirittura a Shakespeare. Aveva anche una figlia femmina che morì a 18 anni per un incidente di bicicletta e da cui lui trasse spunto per un romanzo, probabilmente proprio per elaborare il lutto.
Kempton aveva un carattere polemico, era sempre in difesa degli umili e dei poveri, ed era quello che si definisce un attaccabrighe. Aveva già avuto dei guai con le forze dell’ordine per una sua “crociata”: riteneva immorale costringere i pensionati che vivono con pochissimi soldi, a pagare il canone TV. A causa del rifiuto di pagare il canone, nonostante non guardasse la televisione pubblica ma solo le TV private commerciali, era stato anche incarcerato per tre mesi.
Nel 1961 un ricco collezionista d’arte americano acquistò il quadro di Francisco Goya che raffigurava il Duca di Wellington per 140.000 sterline. Essendo questo personaggio (nato nel 1769 e morto nel 1852) considerato una sorta di eroe nazionale, il governo inglese offrì la stessa somma per ricomprare il Ritratto. Kempton rimase scandalizzato dalla cifra.
A un certo punto, approfittando di un paio di giorni a Londra da solo, Kempton decise di rubare il quadro niente di meno che alla National Gallery, per un ricatto bonario. Erano passati solo diciannove giorni da quando il Ritratto era stato portato lì e non c’erano particolari misure di sicurezza, pertanto la sottrazione fu molto semplice.
Aiutato dal figlio Jackie, nascose la tela nell’armadio del suo studiolo dove scriveva romanzi, prevalentemente per non farlo scoprire dalla moglie.
Kempton spedì per posta una richiesta di riscatto piuttosto singolare: avrebbe restituito il Ritratto a condizione che il governo si fosse impegnato di più nel sostenere gli anziani, una generazione che aveva combattuto in guerra.
Una serie di disavventure porterà all’incarcerazione di Kempton Bunton il cui processo durò parecchio e fu piuttosto divertente. Così racconterà al processo: «Ogni volta che qualcuno resta tagliato fuori, questa nazione perde un pezzo. È una vita che lotto per gli altri e finisco nei guai, ma avevo fede… non in Dio, nelle persone!»
Scontò la pena nel carcere di Durham ma solo cinquant’anni dopo venne fuori la verità, e cioè che Kempton Bunton era un brav’uomo idealista che voleva cambiare il mondo e proteggere la famiglia.
Un piccolo dettaglio singolare: il regista fa vedere a un certo punto una scena del primo film di James Bond interpretato da Sean Connery del 1962. Nel nascondiglio sottomarino del Dr. No, famigerato villain, gli spazi sono pieni di oggetti rubati ai più famosi musei del mondo. L’agente 007 si sofferma a guardare un quadro che è proprio il Ritratto del Duca di Wellington di Goya – primo e ultimo furto subito dalla National Gallery – ed esclama: «Dunque eccolo!».
Il ritratto del duca”, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, è un film piuttosto divertente – e di questi tempi abbiamo un grande bisogno di sorridere – recitato molto bene da Jim Broadbent, Helen Mirren e anche Matthew Goode (che interpreta l’avvocato difensore Jeremy Hutchinson), ben diretto da Roger Michell, nato in Sudafrica ma molto inglese come humour, scomparso prematuramente lo scorso settembre. Il regista aveva già diretto con successo altre commedie come “Notting Hill” nel 1999, “Il buongiorno del mattino” nel 2010 e “The week-end” nel 2013.
Ottima la ricostruzione ambientale della piovosa città industriale, significativi i costumi e tutti i dettagli all’interno della casa dalla TV in bianco e nero, al vecchio boiler dell’acqua calda, al frigorifero basso senza freezer e così via.
Una curiosità: il villaggio operaio Saltaire a Bradford è considerato uno degli esempi meglio conservati di borgo industriale vittoriano e perciò l’UNESCO lo ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità.

Featuring Recent Posts WordPress Widget development by YD