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Microcritiche / Essere o apparire un eroe?

1 Febbraio 2022
di Ghisi Grütter

UN EROE – Film di Asghar Farhadi. Con Amir Jadidi, Mohsen Tanabandeh, Sarina Farhadi, Sahar Goldoost, Alireza Jahandideh, Fereshteh Sadre Orafay, Iran, Francia 2021.

Qahremān”, titolo in originale, è un bellissimo film scritto e diretto da Asghar Farhadi, il regista iraniano già vincitore di due premi Oscar per miglior film straniero con “Una separazione” nel 2012 e “Il cliente” nel 2017.
La vicenda si svolge a Shiraz dove Rahim Soltani (interpretato da Amir Jadidi) è in carcere per non aver assolto a un debito. Aveva tentato di mettersi in proprio affidandosi agli usurai e coinvolgendo, in qualche modo, il cognato Braham (Mohsen Tanabandeh). Quest’ultimo, per far fronte ai debiti di Rahim aveva svenduto tutto ciò che aveva compresi i gioielli della madre e il corredo della figlia. Alla fine ha denunciato Rahim che, nel frattempo era stato lasciato dalla moglie rimanendo solo con il figlio, un dolcissimo bambino balbuziente. Mentre il padre è in carcere, il piccolo viene affidato alle cure degli zii paterni e di una logopedista. Lo sfortunato bambino, dopo essere stato abbandonato dalla madre, ha anche paura di perdere il padre.
Quando Farkhondeh (Sahar Goldoost), la sua donna, trova una borsa piena di monete d’oro, invece di usarla per rimborsare (parzialmente) il suo creditore, Rahim decide di cercarne la proprietaria per restituirgliela, atto che gli procurerà un apprezzamento dalla direzione del carcere e una certa notorietà sulla stampa e in televisione. Dopo questo Rahim compirà per ingenuità una serie di goffaggini e di maldestrie, che non sto a narrare, e che porteranno la gente a dubitare dell’autenticità del gesto. Quindi, sui social network, dopo essere stato osannato come eroe, lo faranno apparire come una sorta di astuto truffaldino da disprezzare. Ogni tentativo di Rahim di provare la sua buona fede gli si ritorcerà contro.
Come spesso usa Asghar Farhadi, descrive dei personaggi oppressi da eventi che li sovrastano, con una regia asciutta, sintetica e immediata. I suoi protagonisti sono presi dal meccanismo di complicazione e di crescita degli equivoci a dismisura così come ha già fatto nei suoi film precedenti, ad esempio la diffidenza in aumento all’interno della coppia protagonista de “Il cliente”. Nel film “Un eroe” è molto forte la tematica dell’essere versus l’apparire e quella del contrasto tra nuove tecnologie e tradizione secolare. Ad esempio le donne indossano il velo ma hanno tutte uno smartphone e sono attive sui social network.
L’inizio e la fine del film sono bellissimi. All’inizio è inquadrato il cantiere del sito archeologico pre-islamico di Shiraz dove lavora Hossein (Alireza Jahandideh,) suo cognato (l’altro, quello buono, il marito della sorella). La salita delle scale in (quasi) tempo reale per raggiungerlo, trasmette tutto il senso della fatica che, uscito dal carcere in permesso per due giorni, fa restare Rahim senza fiato. Tenero è il rapporto tra padre e figlio, che lo accompagna nelle sue peregrinazioni, che ricorda molto “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica del 1948.
Nell’osservare la vita familiare all’interno delle case mostrata nel film mi hanno colpito alcune cose. Come sia frequente la convivenza tra famiglie dove sorelle e fratelli continuano a dividere la stessa casa e come tra cognati esistano rapporti stretti anche economici, quasi fossero amici fraterni. Un’altra cosa che ho notato e che non sapevo, è come in Iran nelle case si viva sempre per terra, naturalmente sui tappeti: ci si mangia, ci si dorme, e ci si stira perfino la biancheria lavata. Nelle case, praticamente non ci sono mobili ma troneggia un televisore piatto in HD.
Premio speciale della giuria al Festival di Cannes del 2021, “Un eroe” è candidato agli Oscar come rappresentante dell’Iran.

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