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Microcritiche / Il gioco di un maschio guerriero

13 Settembre 2021
di Ghisi Grütter

IL COLLEZIONISTA DI CARTE – Film di Paul Schrader. Con Oscar Isaac, Tiffany Haddish, Tye Sheridan, William Dafoe, Ekaterina Baker. USA, Gran Bretagna, Cina 2021. Fotografia di Alexander Dynan.

Presentato al 78mo Festival del Film Internazionale di Venezia, “The card counter”, l’esatto titolo in originale, è un’apoteosi dello squallore di alcuni luoghi urbani statunitensi esemplificati da tre tipologie edilizie: i motel, i Casinò e le carceri.
Oscar Isaac impersona magnificamente l’ossessivo fobico William Tell (un nome d’arte importante). Ha trascorso otto anni e mezzo in prigione dove ha imparato ad amare la ripetitività dei gesti e, avendo molto tempo a disposizione, ha appreso a contare (e memorizzare) le carte da gioco. Una volta scontata la pena Tell diventerà un giocatore che si sposta ogni giorno di città in città cambiando Casinò e dormendo in motel da 50 dollari a notte. Cambiando stanza ogni notte si porta dietro un valigione con enormi teli bianchi per impacchettare tutti gli oggetti delle stanze, con cura rituale, da sembrare un’opera di Christo.
William Tell è il contrario del giocatore compulsivo: è freddo e calcolatore; preferisce vincere somme contenute per non dare nell’occhio e cambiando ogni giorno luogo. Splendide sono le scene ai tavoli da gioco fotografate con maestria da Alexander Dynan. Le sue immagini svelano la grande varietà dei giocatori ai vari tavoli: a partire dai giovani sbruffoncelli fino ad arrivare alle signore anonime di mezza età.
La voce fuori campo di William spiega i meccanismi dei differenti giochi con le rispettive percentuali e probabilità di vincita. Black Jack è il gioco d’azzardo dove si gioca contro il banco; chiamato anche ventuno si svolge tra il Casinò (il croupier al banco) e i giocatori che, per vincere devono realizzare un punteggio più alto del banco e non superiore a 21.
Il poker, sempre più nella forma del Texas hold ‘em, si gioca contro gli avversari e il Casinò prende solo le provvigioni sulle vincite. A differenza di quanto previsto nel poker tradizionale, i giocatori ricevono solamente due carte a testa di cui una resta coperta, che assieme alle cinque carte (comuni) scoperte dal mazziere durante le varie fasi di gioco, contribuiscono a formare il punto di ogni giocatore – una sorta di Teresina con le vele.
Il regista che è anche lo sceneggiatore del film lega la psicologia dell’impassibile e imperscrutabile giocatore a quello di un militare addestrato (sotto la guida del superiore John Gordo interpretato da William Dafoe) a subire le torture resistendo, e a praticarle nelle guerre e nelle prigioni di massima sicurezza – come Abu Ghraib e Guantanamo – dove solitamente sono detenuti i prigionieri di guerra o i supposti terroristi.
C’è lo stesso spirito di freddezza, di distacco dalle cose e dalle persone in un’auto-procurata anaffettività. William, tormentato dal suo passato sconvolgente, si allena al distacco che lo porterà a contenere i suoi impulsi emotivi e perfino a ignorare quelli sessuali.
Ma il protagonista cercherà, come in tutti i film di Schrader, una forma di espiazione, un gesto catartico. In questo sarà coadiuvato dal giovane e irruente Cirk (Tye Sheridan) in cerca di vendetta e dall’affascinante ed esperta biscazziera La Linda (Tiffany Haddish), in una meno approfondita e convincente seconda parte.
The card counter”, è un film al “maschile”: parla di violenza, di guerra, di vendetta e di gioco d’azzardo mentre all’unica figura femminile vengono attribuiti dei sentimenti, nonostante il mestiere che fa.
Oscar Isaac fornisce una recitazione magistrale, allo sguardo impassibile e fisionomia anonima contrappone una postura significativa. Tutti film scritti e diretti da questo regista narrano storie di solitudini e affrontando spesso i temi della colpa e della redenzione. Nel famoso “Taxi Driver” (1976) di cui Paul Schrader scrisse la sceneggiatura il protagonista Travis Bickle – l’indimenticabile De Niro diretto da Martin Scorsese – era un reduce del Vietnam e viveva una storia di solitudine, in cerca di redenzione anche attraverso la violenza.
In “American Gigolo”, il più noto tra i film di Schrader di cui è citata una scena iconica – il protagonista truffaldino interpretato da Richard Gere cercherà nel finale una sorta di redenzione, una volta conosciuto l’amore.

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