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Microcritiche / Disegnare e animare l’ingiustizia e la rivolta

9 Settembre 2021
di Ghisi Grütter

JOSEP – Film di animazione di Aurel. Voci di Sergei Lopez, Emanuelle Vottero, David Marsais, Valérie Lemercier, Spagna, Francia, Belgio del 2020. Musiche di Silvia Perez Cruz.

Per soli tre giorni in alcune sale romane (30-31 agosto e 1° settembre) è stato proiettato un film d’eccezione che costituisce un evento cinematografico: un omaggio e una riflessione sull’atto “politico” e “catartico” del disegnare. “Josep” costituisce un pezzo di storia disegnata. È un intenso film d’animazione elaborato da Aurel, (al secolo Aurélien Froment), illustratore francese che lavora per Le Monde e per il settimanale satirico Le Canard Enchaîné. Qui è al suo primo lungometraggio, mentre come fumettista ha già realizzato una ventina di pubblicazioni, inclusi due fumetti: Clandestino e La Menuiserie.
Il film narra la storia vera di Josep Bartolí i Guiu (nato a Barcellona 1910, morto a New York 1995) un fumettista e pittore catalano. Ha combattuto nella guerra civile spagnola e ha pubblicato una raccolta di disegni del suo periodo di rifugiato in un campo di internamento francese. Il periodo mostrato nel film è prevalentemente quello passato in prigionia (1939/1943), attraverso il racconto di Serge, un vecchio nonno malato e in punto di morte, al nipote Valentin. Viene in tal modo descritto un pezzo di storia da un testimone d’eccezione: il gendarme Serge svela le vessazioni, i soprusi, le violenze, le umiliazioni, tutte le atrocità praticate sui rifugiati da parte dei gendarmi francesi. Valentin è un ragazzo che ama molto disegnare, rimane colpito da ciò che il nonno gli svela e, quando sarà grande, si metterà sulle tracce dell’illustratore catalano.
Sconfitto nella Guerra civile, Josep sarà incarcerato in diversi campi nel sud della Francia; continuerà sempre a disegnare testimoniando con il disegno le difficili condizioni di vita dei rifugiati. Riuscirà infine a scappare dalla Gestapo grazie proprio all’aiuto di Serge.
Negli anni ‘40 Josep raggiunge il Messico dove diventa molto intimo di Frida Kahlo e da cui è influenzato apprendendo il valore del colore. È interessante il confronto delle varie tecniche di rappresentazione: il racconto del nonno e nipote ha una tecnica d’animazione “più tradizionale”, mentre quello raccontato di Josep giovane è scarno ma colmo di profondo significato, delineato da tratti decisi, irrequieti a matita, si complessizza man mano, acquista volume e colore.
Josep si sposterà poi negli Stati Uniti dove frequenterà i famosi pittori astrattisti: Rothko, Pollock, De Koening, e dove, oltre a dipingere quadri, inizierà a realizzare collages, passando poco a poco dai disegni statici alle animazioni.
Lo sceneggiatore del film è Jean-Louis Milesi, storico collaboratore di Robert Guédiguian, il regista marsigliese di origine armena. Attraverso il film vengono toccati vari argomenti come ad esempio quale sia il ruolo politico degli artisti – Josep ci tiene a dire che odia Franco ma che lui non è un anarchico né un ateo. Ma anche come l’arte possa aiutare a sopravvivere in condizioni oggettivamente dure e difficili fornendo una sorta di alternativa onirica con la trasposizione creativa della realtà.
Aurel ha presentato “Josep” (o avrebbe dovuto presentare nel 2020) in moltissimi festival ottenendo grande successo e numerosi premi: al César è considerato miglior film d’animazione e poi al Festival di Cannes. Ottiene l’European Film Award, il Premio del pubblico e per la miglior sceneggiatura all’Athens International Film Festival, il premio della giuria al Miami Jewish Film Festival e altri ancora.
Così Aurel racconta in un’intervista: «Ho scoperto i lavori di Josep Bartolí per caso. Passeggiavo annoiato tra i reparti di una fiera del libro a cui ero stato invitato. La copertina del libro che Georges Bartolí aveva dedicato allo zio Josep catturò la mia attenzione. Lo schizzo di un repubblicano spagnolo accasciato sulle stampelle. Mezzo uomo, mezzo cadavere. Un disegno eccezionale. Poteva essere solo il lavoro di un artista geniale. La mia prima impressione venne confermata da ogni pagina del libro: illustrazioni politiche ricche di dettagli e significato, critiche al potere, allo Stato, alla religione, alla vigliaccheria dei leader di tutto il mondo. E poi gli schizzi dei campi. Potenti tratti di matita a testimonianza di questo drammatico episodio del ventesimo secolo, così vergognoso e poco noto. La necessità di immergermi nella storia, di farla mia e riportarla in vita filtrata dal mio tratto di matita, mi ha ispirato all’istante».

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