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Il privato maschile e il mistero materno

25 Agosto 2021
di Gabriella Bonacchi

Mi è stato chiesto di scrivere un breve appunto su di un tema molto complesso, vale a dire la “socialità” dei gruppi femministi degli anni 70/80. Come tutti sanno quello di “socialità” è la traduzione italiana (spesso semplificata) del concetto di “sociabilità” reso celebre (in Francia e nel mondo degli storici) dagli studi di Maurice Agulhon dedicati allo specifico crocevia tra storia e scienze sociali adombrato da tale denominazione.
Le femministe italiane dell’epoca non avevano a disposizione i salotti, i circoli e i caffè in cui era cresciuto l’immaginario borghese nella Francia dell’800. Avevano però le case: quella di ognuna e quelle delle amiche e questo speciale milieu era destinato a rivelarsi costitutivo per il “discorso” femminista dell’epoca. Cercherò in altra sede di approfondire il rapporto tra interno ed esterno che venne così delineandosi, e di cui recano traccia tanto la stampa quanto la memorialistica delle donne.
Ciò che qui vorrei tentare è accennare a una comparazione tra gli stili – maschile e femminile – di guardare allo spazio tra pubblico e privato rappresentato non più soltanto dai caffè e dai salotti dell’800, ma anche dai luoghi che ne incarnano oggi la dimensione transizionale: dalle scuole alle mostre, dai luoghi di vacanza ai viaggi.
Il romanzo di Massimo Terni appena uscito per i tipi di Antonio Mandese Editore, Passioni tristi, mi offre ottimi e inediti spunti per tale comparazione, e vorrei qui accennare qualcosa. E’ infatti davvero raro incontrare un occhio maschile attento al privato e a tutte le tematiche che il femminismo ha contribuito a rendere pubbliche, restandone al tempo stesso completamente incontaminato. Terni ci apre, anzi ci spalanca il suo privato, conducendoci fin dentro la stanza di consultazione del suo analista e niente ci viene nascosto: sentimenti, passioni (non solo tristi), pulsioni desideranti, sensi di inferiorità sociale e financo razziale, continue oscillazioni tra sopraffazione e sottomissione, avidità e repulsione. Tutto ci viene confessato e con vera, sofferta, sincerità, entro tuttavia un definitivo e invalicabile limite. La vasta cattedrale del materno (nella immortale definizione di Virginia Woolf) rimane esclusa da ogni tentativo di scalfirne il mistero. Che è invece lo scoglio ma anche l’approdo della riflessione femminista sul privato.

Massimo Terni, Passioni tristi, Antonio Mandese Editore, 2021, pag. 204, euro 18.

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