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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Non come prima. Donne per cambiare il Sud e l’Italia

3 Aprile 2021

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo testo collettivo sulla situazione delle donne nel Sud Italia

NON COME PRIMA
Che il 70% dei fondi destinati al Sud e all’occupazione sia riservato alle donne del Sud!

Lavoro e cittadinanza

Solo misure radicali possono avviare mutamenti capaci di incidere sulla qualità della vita di tutti e di tutte.
Al Sud settanta donne su cento oggi sono fuori dal lavoro, non sono occupate né disoccupate, secondo le statistiche sono “inattive”, nella realtà sono invisibili, sul mercato del lavoro e non solo, nell’idea condivisa del lavoro potente generatore di identità sociale e di cittadinanza.

Il presente

I lunghi mesi opachi e sofferenti che abbiamo attraversato e che non accennano a diventare ricordi rischiano di produrre un perverso narcotico. Un velo che occulta le cause prime della pandemia facendole sfumare nelle colpe della natura o in un destino cinico. Una parentesi destinata a finire e a lasciare che tutto torni come prima.
La consapevolezza della urgenza di misure radicali che pure nei primi mesi del COVID 19 sembrava farsi strada nelle coscienze, appare sbiadita. Anche i dati che mostrano lo spietato avanzare della povertà, parallelo alla crescita della pandemia, non sembrano produrre lo “scandalo” che dovrebbe accompagnarli. Secondo le stime preliminari nel 2020 le famiglie in povertà assoluta sono due milioni, pari a 5,5 milioni di persone, oltre un milione in più del 2019, sono persone, donne, bambini, anziani che non hanno l’essenziale per una vita dignitosa.
L’incremento della povertà è più alto al Nord che al Sud, 213 mila famiglie e 720 mila persone. Anche se al Sud il 9,3% della popolazione versa in stato di povertà. E la povertà materiale è senza dubbio causa di una perversa filiera di disuguaglianze che condizionano la vita. Il consumatissimo esempio della scarsità delle moderne tecnologie in tante case italiane ha prodotto e continua a produrre differenze che sono esclusioni e marginalizzazioni.
Marginalizzazioni ed esclusioni che, sommate a quelle pregresse, hanno provocato una crisi i cui effetti probabilmente non hanno ancora mostrato la loro virulenza. La crisi che attraversiamo è destinata ad invadere le nostre comunità producendo un forte impatto regressivo, differenze e lacerazioni.

Andare alla radice

Si sono consumate molte parole e la cattiva retorica copre responsabilità e offre soluzioni precarie. Accade per una delle fragilità strutturali del nostro paese quale è il rapporto delle donne con la scuola e con il lavoro. Un rapporto che le cifre svelano nella sua evidenza e che ha una preoccupantissima edizione peggiore nelle regioni meridionali.
Il 45% delle donne disoccupate in Italia risiede nelle sei Regioni del Mezzogiorno, ben il 30% di queste nella sola Campania.

Numeri Donne Parole

Le donne occupate al Sud sono 2.214 mila contro le 5.235 mila occupate del Nord, con valori bassi e divari altissimi nei tassi di occupazione (32,5%) rispetto al Nord (59% ) e in particolare nei tassi di occupazione delle giovani donne diplomate e laureate (in età 25-34) anni, 34,5% al Sud e 68,4% al Nord per le diplomate, 47,4% al Sud e 77,7% al Nord per le laureate, con evidenti effetti di scoraggiamento per progetti professionali o di carriera ed effetti di frustrazione, ripiegamento e spreco rispetto all’impegno investito nei percorsi di istruzione superiore e universitaria.

Una distanza di 27 Punti e oltre nei tassi di occupazione

Dati sconcertanti se si collegano alla bassa scolarità: cifre che rappresentano un vero scandalo democratico che radiografa una sorta di segregazione che moltiplica la differenza tra donne e uomini, rendendo spesso solo vuota retorica l’evocazione del problema che viene più celebrato che affrontato.
Oltre la metà delle donne del Sud ha un basso livello di istruzione, il 23,2% un titolo che non supera la licenza elementare, il 31,3% solo la licenza media inferiore. Una condizione che è un potente generatore di lavori non solo umili quanto precari e senza prospettiva.

Condizioni materiali

Se le donne sono più del 53% della popolazione meridionale, se poche di loro lavorano, se il welfare non ha sedimentato abitudini virtuose e offerto occasioni di miglioramento delle proprie condizioni, se le donne continuano ad essere indotte a scegliere materie umanistiche per i loro studi e nonostante le smentite dei dati che le vedono eccellere anche nelle materie scientifiche, a ritenere queste ultime non adatte, se chi sceglie di essere madre deve affrontare quasi sempre da sola ciò che in termini di servizio comporta quella scelta, se a parità di mansioni il salario femminile è più basso di quello degli uomini, se la precarietà governa il presente e il futuro, se 2.158. 039 donne meridionali hanno al massimo la licenza elementare, nel 2021, se la violenza contro le donne non viene aggredita con misure culturali ma anche economiche (più lavoro significa più libertà e meno rischi di cadere nella trappola della dipendenza), allora sarà sempre più difficile trovare strategie capaci di trascendere le condizioni materiali che diventano sempre più castiganti.
Guardato da questo punto di vista che è bene ribadirlo non è “corporativo” ma che porta con sé, se ben affrontato, la modifica di moltissimi parametri sociali politici, culturali, economici, anche il recovery plan va “forzato “.

Il Recovery Plan

Rispetto al tema del lavoro e delle sue forme, nel testo del Recovery Plan ad oggi reso noto, al tema delle politiche per il lavoro sono dedicati circa 13 miliardi per le politiche del lavoro, oltre 10 miliardi per Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore e poco più di 4 miliardi per Interventi speciali per la coesione territoriale. Risorse importanti che si aggiungono alla programmazione dei fondi strutturali 17-21 e che potranno incidere se ad esse e alle loro specificità si accompagnerà una visione strategica e una scelta politica chiara.
Non bastano le politiche del lavoro. La forza e la differenza delle donne su tutte le risorse del Recovery, a favore dello sviluppo sostenibile, passa attraverso il punto di vista, la progettualità e il lavoro delle donne, il loro esserci, il loro fare, proprio nell’ambiente, nelle infrastrutture, nell’innovazione tecnologica, nella ricerca, nei territori, nelle imprese, proprio dove le donne non ci sono (edilizia, ambiente, impiantistica, trasporti) o ci stanno strette (professioni, management, imprenditorialità) o sottopagate (industria, servizi, commercio) o castigate (ricerca, tecnologie, cultura, istituzioni).

Disoccupazione Discriminazione Svantaggio

La disoccupazione femminile è una grande emergenza del Paese, e del Mezzogiorno in particolare, e ha bisogno di interventi strutturali e organicamente collegati tra loro (formazione, economia della cura, incidenza dei percorsi scolastici, STEM, cultura contro la violenza, ecc.) anche perché gli strumenti utilizzati finora (decontribuzione e misure di defiscalizzazione), pensati per sostenere le donne, da soli hanno perso buona parte della loro efficacia.
L’immotivata discriminazione di genere non è solo uno scandalo democratico e culturale. Esso è anche un freno per qualsiasi mutamento virtuoso della convivenza (economia, cultura, diritto, scuola).
Lo svantaggio ha nel Mezzogiorno una edizione particolarmente pesante e ciò che potrebbe essere un potente liberatore di energie diventa un potente ostacolo.

Il libero gioco della differenza

Gli uomini e le donne sono differenti fra loro e anche portatori e portatrici di diverse concezioni del mondo, della vita, delle relazioni. A questa differenza bisogna guardare prendendo atto che anche quando dirigono uno Stato (Germania, Norvegia, Nuova Zelanda…) danno prova di capacità di mediazione e di rapidità delle decisioni e di risultati migliori e di un altissimo grado di coinvolgimento. Assegnare risorse alle donne costruendo anche forme di gestione che consentano alle donne di giudicare la congruità l’efficacia e l’andamento degli interventi, significa uscire dalla retorica della parità e favorire il libero gioco della differenza che non è ontologica ma politica e come tale va affrontata.

Per tutto questo

Per tutto questo vorremmo che il presidio delle misure del Recovery Plan, di tutte le misure, fosse fortemente partecipato dalle donne.
Che le politiche per le donne riguardassero tutto l’insieme degli interventi: sull’ambiente, le infrastrutture, l’innovazione tecnologica, i territori, le imprese, la crescita economica.
Che in tutti gli interventi del Recovery Plan si prevedessero indicatori quantitativi sui risultati attesi per le donne, così da poterne monitorare gli andamenti.
Che a partire dalla condivisione di questo punto di vista e dalla disponibilità di adeguate risorse finanziarie le donne agissero in un laboratorio permanente di progettazione sugli interventi, su come promuovere ad esempio il management, le assunzioni nei settori strategici, l’imprenditoria e le start up femminili, le scelte scolastiche e universitarie nell’orizzonte STEM, la presenza nei settori della ricerca scientifica e dell’innovazione, l’educazione delle adulte, gli asili nido e i servizi di cura, le tutele sul lavoro, la lotta alla violenza.
Per tutto questo non meno del 70 per cento delle risorse da erogare a vario titolo, per incrementare l’occupazione e per il Mezzogiorno, va destinato alle donne. Una richiesta che non è un lamento ma la presa d’atto dell’urgenza di affrontare una fragilità che se ne porta tante altre, cartina di tornasole della civiltà di un Paese.

Rosalba Bellomare, Associazione Mezzo cielo Palermo, Luisa Cavaliere, associazione culturale FESTINALENTE Castellabate, Tiziana Iaquinta Università Magna Graecia Catanzaro, Maria Liguori Editrice Napoli, Giustina Orientale Caputo Università Federico II Napoli, Paola Profeta Università Bocconi Milano, Silvia Rossi Università Federico II Napoli, Susi Veneziano Arlas Napoli.

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