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Microcritiche / Essere femmine (indomite) in Turchia

31 Dicembre 2020
di Ghisi Grütter

MUSTANG – Film di Denize Gamze Ergüven. Con Günes Sensoy, Doga Zeynep Doguslu, Elit Iscan, Tugba Sunguroglu, Ilayda Akdogan, Francia, 2015. Fotografia di David Chizallet e Ersin Gök. Sceneggiatura di Denize Gamze Ergüven e Alice Winocour –

In questi giorni festivi, con la chiusura delle sale cinematografiche – dove tradizionalmente passavo i giorni natalizi – ho ripescato un film su Sky Cinema del 2015 e che avevo perso. Mustang rappresenta una chiara denuncia della condizione femminile a tutt’oggi in vigore in Turchia. È un film di Denize Gamze Ergüven, una regista di Ankara naturalizzata francese al suo esordio, e la Francia l’aveva addirittura selezionato per essere rappresentato agli Oscar 2016 come miglior film straniero.
A 600 km a Nord di Istanbul, in un piccolo paesino costiero sul Mar Nero, che sembra essersi fermato nel tempo, le tradizioni e il destino delle donne sono segnate da un doloroso anacronismo. Ci si prepara al matrimonio fin da piccole, si smette di andare a scuola per apprendere l’economia domestica: cucire, cucinare, ricamare sono le uniche cose che le ragazze devono imparare a fare.
La vicenda narrata nel film si svolge durante il periodo estivo di vacanze scolastiche. In questo villaggio cinque giovani sorelle (altro che le Macaluso!!!) rimaste orfane vivono da una decina di anni con la nonna e con il collerico zio Erol. Sonay, Selma, Ece, Nur e Lale – in ordine di età – non possono più uscire di casa perché messe in punizione. Infatti, l’ultimo giorno di scuola, dopo aver salutato la professoressa che non troveranno più l’anno seguente perché trasferita a Istanbul, sono state in spiaggia al mare a giocare con gli schizzi d’acqua assieme ai compagni (maschi) e questa promiscuità è considerata un comportamento indecente.
Vengono sequestrati, in tal modo, tutti gli oggetti che possano sottolineare la libertà e la vanità femminile: computer e telefoni, strumenti per il trucco, collanine e braccialetti. Le ragazze sono praticamente prigioniere in casa e gli “adulti” cominciano a combinare matrimoni per sistemarle e organizzare così il loro futuro. «Neanch’io conoscevo tuo nonno quando mi sono sposata, ma poi ho imparato a volergli bene. Vedrai sarà così anche per te» risponde la nonna alle proteste della nipote Nur.
Mustang è il cavallo selvatico con manto pezzato e folta criniera, diffuso in Messico e in USA, ed è la traduzione della parola spagnola mesteño, ovvero “non domato”, che evoca lo spirito selvaggio dei cavalli. Così è Lale, la più piccola delle sorelle che si ribella alle assurde imposizioni. In tal modo, le ragazze non si accontenteranno di fantasticare chiuse nelle loro stanze ma, spinte da Lale, si spingeranno fino a organizzare fughe notturne da casa.
Ognuna delle sorelle incontrerà una sorte diversa che viene narrata nel film e che non voglio qui rivelare.
Le cinque attrici adolescenti, non note a livello internazionale, sono deliziosamente sensuali ed esprimono molto bene l’universo femminile. Splendida è la figura femminile della sorella più piccola, interpretata magistralmente da Günes Sensoy, che pur rimanendo in campo realistico, diventa simbolica nella ricerca della libertà. Terribile ma vero, purtroppo, il personaggio dello zio, tanto rigido e severo di giorno, ma che di notte approfitta sessualmente delle nipoti.
Denize Gamze Ergüven conduce una regia composta principalmente di movimenti di macchina a mano e in un’intervista dichiara di essersi ispirata a pellicole del neo-realismo italiano, come “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti e “Le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini, ma anche a film americani come “Fuga Da Alcatraz” di Don Siegel. “Mustang” secondo alcuni critici riecheggia il modello del cinema francese per il tocco lieve e la naturalezza delle vitali trepidazioni adolescenziali delle protagoniste. Il film è stato presentato con successo alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2015 ed è risultato vincitore del premio Label Europa Cinemas.

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