Merci / Desideri

produrre e consumare tra pubblico e privato

In una parola / Camere del lavoro. Con cura

20 Novembre 2020
di Alberto Leiss

Pubblicato sul manifesto il 17 novembre 2020 –

Domenica scorsa ho visto e ascoltato l’intervista di Gad Lerner a Maurizio Landini, al termine di una “tre giorni” di discussioni organizzata dalla Cgil sulla sua nuova piattaforma di comunicazione “Collettiva.it” (https://www.collettiva.it): è tutto registrato e consultabile, con sintesi che aiutano l’esplorazione on line.
Il segretario della Cgil ha detto alcune cose che mi sono piaciute. All’inizio ha sottolineato che il titolo “Futura” non è femminile per caso. La contraddizione di sesso “attraversa tutta la discussione” sulla crisi che stiamo vivendo, nella quale prevale ancora “una cultura maschilista”. Il sindacato non ne è certamente esente e Landini ha affermato che è necessario un cambiamento profondo nell’organizzazione, ha citato il ruolo che su questi temi svolge ora l’ex segretaria Susanna Camusso, e ha anche aggiunto che serve un “cambiamento personale” che riguarda i maschi, e lui stesso. Una cosa tanto necessaria quanto “difficile”.
Ma il pensiero delle donne e il “prendersi cura”, insieme alla “valorizzazione delle differenze” portano a un “nuovo modello” del modo di lavorare e di vivere. La cura non riguarda solo le persone, ma la qualità dei tempi di vita, l’ambiente, la cultura, “il rispetto dell’altro”.
Non posso fare a meno di pensare a una precedente occasione – sono passati ormai quasi 10 anni – nella quale per iniziativa di alcune amiche femministe (tra cui Maria Luisa Boccia, Lia Cigarini, Lea Melandri) e dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra, avevamo discusso alla Camera del lavoro di Milano di questi temi con dirigenti del sindacato e l’allora segretario della Fiom Landini. Che aveva ascoltato con interesse, ma, a dire la verità, sembrava anche un po’ disorientato e perplesso. (Chi fosse interessato può trovare traccia di quell’incontro nel numero 2 del 2011 della rivista Critica Marxista, e sul sito DeA).
Forse il tempo trascorso e l’acutezza degli interrogativi aperti dalla pandemia anche sul fronte delle relazioni e contraddizioni tra lavoro produttivo e riproduttivo sta stimolando anche nel sindacato, e nella Cgil in particolare, una nuova consapevolezza?
Ho apprezzato anche altre cose. Parlando delle differenze mostruose di reddito tra un operaio o impiegato e i manager delle grandi imprese, e dei licenziamenti per motivi “disciplinari” decisi da Arcelor Mittal, che hanno suscitato a Genova la giusta protesta dei lavoratori (e la solidarietà degli stessi poliziotti che li fronteggiavano), Landini non ha nascosto il moto di indignazione, se non di rabbia, che lo prende di fronte a queste ingiustizie. Aggiungendone un’altra: la diffusione della povertà anche di chi un lavoro ce l’ha. Qualcosa che dimostra platealmente che “il sistema non funziona”.
Landini si appassiona. Cosa che lo rende simpatico. Ogni tanto non si ferma più e il suo interlocutore fatica a riprendere la parola… Però domenica indossava una elegante cravatta,“per rispetto al mondo del lavoro”. Lo ha puntualizzato rievocando poi il momento storico in cui gli operai formavano le prime Camere del lavoro per unirsi, e reagire all’oppressione anche se analfabeti. “Oggi sappiamo leggere e scrivere ma ci fregano ugualmente se pensiamo di poter fare da soli”.
Tanti anni fa, ai miei primi cortei del Primo maggio, qualche compagno più anziano diceva che in realtà i lavoratori avrebbero preferito in quella loro giornata vestirsi a festa e andarsene a spasso. Fare un po’ i signori.
Chi l’ha detto che la lotta di classe, con tutte le “innovazioni” necessarissime, non possa essere, se non proprio un pranzo di gala, qualcosa che si vive anche con i gusti dell’eleganza e della bellezza?

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