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Microcritiche / Amour fou nel divenire di Berlino

6 Ottobre 2020
di Ghisi Grütter

UNDINE – UN AMORE PER SEMPRE – Film di Christian Petzold. Con Paula Beer, Franz Rogowski, Maryam Zaree, Jacob Matschenz, Julia Franz Richter, Germania Francia 2020 –

Il film è la storia di un amour fou. Un amore nato per caso, quasi per gioco, che diventa passione ma non diventerà una vera e propria relazione dove i sentimenti cambiano e dall’innamoramento si passa a una fase forse più matura, ma con minore trasporto. Fin da subito sono presenti partenze e abbandoni, anche se piccoli e brevi, e si capisce come il desiderio possa essere maggiore dello stesso rapporto vissuto. Il film ha un sapore truffautiano e fin dalle prime scene a me e alla mia compagna di cinema, ha evocato un pochino sia “Jules e Jim” del 1962 sia “La signora della porta accanto” del 1981.
Il medesimo giorno che il suo fidanzato Johannes (Jacob Matschenz) la lascia, Undine (Paula Beer) – una giovane storica che lavora come guida turistica free lance al Märkisches Museum di Berlino – dopo aver minacciato di morte il fidanzato fedifrago, incontra al bar accanto al Museo Christoph (Franz Rogowski), un ingegnere subacqueo che aveva appena fatto parte di un gruppo di turisti da lei istruito. Inavvertitamente Christoph, leggermente maldestro, manda in frantumi l’acquario del locale dove i loro destini si incrociano, e da lì nasce una storia.
L’acqua, simbolo femminile della maternità, diventa uno spazio fondamentale contenitore della vita, ma anche della morte. Il lago, il fiume, la piscina, l’acquario diventano quasi allucinazioni sognanti oltre la dimensione della natura e del tempo, un po’ come avviene nel film “La forma dell’acqua” di Guillermo del Toro del 2017.
Per contro, così racconta Undine ai turisti nella sua esplicazione storica: «Nel tredicesimo secolo l’attuale Berlino era il luogo asciutto tra le paludi».
Belle sono le “lezioni” che la protagonista tiene ai visitatori del museo della città dove campeggiano gli enormi plastici a scala 1:500 sia del centro storico sia dei progetti Plattenbau della DDR. Con questo sistema di costruzione (prefabbricati) in un decennio erano nati tre nuovi quartieri a Berlino est. Poi i racconti delle vicende del Palazzo di Berlino e delle sue ricostruzioni: «Al centro di Berlino sorge un museo (Humboldt Forum n.d.r.) costruito con le fattezze di un palazzo reale del XVIII secolo. L’inganno sta nell’ipotesi che non faccia nessuna differenza. Significa sostenere che il progresso sia impossibile».
Undine parla, inoltre, delle tematiche affrontate dall’Hobrecht-Plan, il Piano Regolatore Generale di Berlino nel XIX secolo, che copriva non solo le città di Berlino e Charlottenburg, ma un’area territorialmente più vasta.
Così tra un tour e un incontro amoroso scorre la prima parte del film. L’elemento poetico che lo caratterizza viene enfatizzato dall’Adagio di Bach BWV 974 al pianoforte, che ne cadenza il ritmo per tutto il tempo estrapolando gli amanti dal contesto metropolitano e trasferendoli in una dimensione al limite del soprannaturale. Solo in alcuni punti Christian Petzold inserisce in modo realistico, per contrasto, la musica della canzone “Staying Alive” dei Bee Gees.
Senza voler narrare troppo della trama, si può dire che a un certo punto il film diventa più onirico, più simbolico agganciandosi all’antica mitologia del folklore germanico. Nel nostro immaginario le undine sono conosciute anche come Ninfe o Nereidi, creature leggendarie, e la ninfa Undine è emersa dai flutti in cerca di un’anima attraverso il vero amore. Nella psicanalisi junghiana, queste varie storie risultano essere l’espressione più genuina e pura dei processi dell’inconscio collettivo, e portano in superficie le paure ancestrali dell’uomo, in questo caso l’alterità, il femminile e la morte.
Molto belle sono le immagini di Berlino moderna quasi in contrapposizione ai plastici conservati con cura nel Museo con tutte le case a corte ordinate.
Bravi gli attori: Franz Rogowski è considerato il Joaquin Phoenix tedesco, mentre Paula Beer si era contraddistinta già in due film: “Frantz” di François Ozon del 2016 (con cui ha vinto il Premio Mastroianni a Venezia) e “Opera senza autore” di Florian Henckel von Donnersmarck del 2018. Al 70mo Festival del cinema di Berlino si è aggiudicata l’Orso d’argento per la migliore interpretazione femminile, proprio per “Undine”.
Il regista Christian Petzold, che ha scritto anche la sceneggiatura, è stato già premiato nel 2012 per “La scelta di Barbara” con il Lola, premio cinematografico che viene assegnato al miglior film tedesco dell’anno, secondo il giudizio della Deutsche Filmakademie.

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