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“Irene sta carina”

27 Ottobre 2020
di Letizia Paolozzi

“C’è un problema” dice il medico. A quel punto il sangue si ferma e il mondo precipita. Inizia così, con “un problema”, il libro di Anna Claudia Cartoni “Irene sta carina. Una vita a metà” edizioni Harpo, prefazione di Simonetta Agnello Hornby.
Nel leggerlo, capisci che, senza chiamarla in causa direttamente, tutto gira intorno alla cura e alla sua mancanza; all’attenzione e al rifiuto; alla speranza e alla delusione.
Spiega l’autrice: “Sono la mamma di una figlia che avrà sempre bisogno di me perché da sola non può fare nulla. Sono le sue gambe, le sue braccia, il suo pensiero. Sono la mamma di una bambina eternamente piccola, ma con un corpo che la farà diventare adolescente e poi donna”.
Immaginate quest’esperienza dura, senza vie d’uscita, ma difesa dal cerchio delle relazioni: una famiglia, tante famiglie, amici, infermiere, maestre e, soprattutto, bambini con Irene protagonista di quest’orbita amorosa.
Nasce portandosi addosso una malformazione addominale: l’onfalocele. I genitori decidono, comunque, di darle “una possibilità di vita”. Sapevano della malformazione ma non “quante sofferenze avremmo dovuto affrontare insieme”.
Comunque, escludono l’aborto. Al contrario, un’altra madre interrompe la gravidanza dopo aver ascoltato il racconto di Anna Claudia. Succede così; ogni donna imbocca una strada; ogni donna decide se dare o non dare la vita.
Dopo un arresto cardiaco, Irene respirerà solo grazie a una macchina, per sempre. E sarà per sempre senza parole.
Quanto al titolo: “Irene sta carina” a ispirarlo è stata la frase usata dalle infermiere per annunciare che oggi le cose sono andate bene, cioè oggi non si è verificato nulla di male.
Il resto, nella giornata, nei mesi, negli anni viene consegnato alla pazienza. La madre, il padre, la nonna, gli amichetti guideranno Irene, facendole da scudo. Proveranno a captare microscopici segnali di cambiamento.
Quale futuro attende Irene? Chi si occuperà di lei? “Qualcosa accadrà” è la risposta di Anna Claudia. D’altronde, la disabilità costringe a misurare con un metro diverso i problemi. E’
un terreno intricato che pretende accudimento, condivisione, attenzione. E’ la cura.
Della cura la burocrazia non sa nulla. Anna Claudia si scontra con l’insensatezza dei funzionari dell’amministrazione pubblica che respingono l’assistenza domiciliare per Irene. Se la bambina può uscire, non si ravvisa la necessità di un’assistenza. “Ci si preoccupa di stanare i falsi invalidi e non di agevolare gli invalidi”.
Il ragionamento si potrebbe estendere agli insegnanti di sostegno. Non ci sono oppure sono privi di specializzazione. Con la pandemia, ne sono stati assunti meno di duemila su 21mila posti, lasciando tanti ragazzi con handicap (uno ogni 28 studenti) ad annaspare. “Il progetto dell’inclusione – osserva Anna Claudia – almeno in parte è fallito”.
Anche al modo di esprimersi dei medici può far difetto la cura. Nella scelta delle parole, nell’irrigidirsi della comunicazione: “Il cervello di Irene è ormai un giardino secco” annuncia il medico che sceglie la razionalità senza rendersi conto di scivolare nell’insensibilità.
Il libro non parla di abnegazione o dedizione o sacrificio ma di una relazione viva, anche conflittuale, con Irene. Anna Claudia l’ha scritto proponendo una chiave di lettura dei rapporti, così ricchi, così generosi, che la sofferenza e l’amore sono capaci di tenere insieme.

Anna Claudia Cartoni, “Irene sta carina. Una vita a metà”, Harpo, 2020, pag.208,euro 16

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