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Microcritiche / La “malattia” di Ligabue. Ma la sua arte?

22 Agosto 2020

VOLEVO NASCONDERMI – Film di Giorgio Diritti. Con Elio Germano, Oliver Ewy (Toni ragazzo), Leonardo Carrozzo (Toni bambino), Pietro Traldi, Orietta Notari, Gianni Fantoni, Francesca Manfredini, Italia 2020. Fotografia di Matteo Cocco, scenografia di Ludovica Ferrario –

Il vero protagonista del film “Volevo nascondermi” è senza dubbio Elio Germano nel ruolo del pittore e scultore italiano Antonio Ligabue. Ormai Germano è andato a specializzarsi in questi ruoli che coniugano malattia fisica, sofferenza psicologica e creatività artistica. Basti pensare alla sua interpretazione di Giacomo Leopardi ne “Il giovane favoloso” di Mario Martone del 2014, solo che qui, come se non bastasse, c’è anche la fame e la povertà.
La biografia di Ligabue infatti è di per sé struggente: Toni nasce a Zurigo nel 1899 figlio di immigrati italiani, ma viene affidato subito a una coppia svizzera senza figli e adottato dopo la morte della madre. Purtroppo i suoi disturbi – il rachitismo e il gozzo – incisero negativamente sulla sua crescita e sui suoi studi. Non gli piaceva andare a scuola, amava solo disegnare mostrando un certo talento. Per problemi economici Toni e i suoi genitori adottivi cambiarono spesso città e lui iniziò a lavorare saltuariamente come bracciante agricolo o accudendo gli animali. Malauguratamente, era spesso in preda a crisi nervose che lo portarono alla fine, ad essere espulso dalla Svizzera. All’epoca i malati mentali avevano una sorte terribile, erano cacciati e derisi, quando non finivano in manicomio.
Ligabue giunse a Gualtieri, cittadina d’origine paterna di seimila abitanti nella bassa padana, dove continuò la sua vita da homeless, ma dove iniziò a dipingere. La possibilità di esprimersi artisticamente riempì la sua solitudine, dando sollievo alle sue ansie e mitigando le sue ossessioni.
Commoventi sono i suoi rapporti con gli animali, ma anche quelli con i bambini per i quali confeziona statuette. La sua vita sarà costellata di ricoveri, spesso per attacchi violenti e talvolta autolesionisti.
Sarà l’incontro con il critico e scultore Renato Marino Mazzacurati (interpretato da Pietro Traldi) – e con sua madre (Orietta Notari) che lo accoglie amorevolmente – che lo farà conoscere e crescere artisticamente. Solo dopo la Seconda Guerra mondiale verranno esposti i suoi quadri in collettive ma anche in mostre personali a Roma come quella presso la galleria “La barcaccia” nel 1961. Sfortunatamente, l’anno dopo l’artista viene colpito da emiparesi e finirà di nuovo accolto al ricovero Carri di Gualtieri dove morirà tre anni dopo.
Volevo nascondermi” è un film toccante che fa star male lo spettatore e, in un certo senso lo fa sentire in colpa di essere “sano” per tutta la sua durata di 120 minuti. Per tutto il tempo ci si attende il rantolo, il grido di dolore, l’urlo di rabbia, che per fortuna, nella seconda parte del film, sono inframezzati da episodi di tenerezza come il ritratto a Cesarina (interpretata da Francesca Manfredini) e il rincontro a Roma con Mazzacurati madre.
Le scenografie accurate nei dettagli sono di Ludovica Ferrario. La fotografia di Matteo Cocco con i colori dell’Emilia, gli sconfinati pioppeti e le golene del Po, è molto bella, sottolinea e dimostra il possesso, da parte del regista Giorgio Diritti, di una profonda conoscenza del mondo rurale emiliano.
Probabilmente l’empatia nei confronti della sofferenza del personaggio ha oscurato nel film la reale importanza artistica. Sono solo gli aspetti naïf dell’arte di Ligabue ad avere successo? O c’è un legame, anche inconsapevole, con altre tendenze contemporanee?
Per la sua interpretazione, Elio Germano ha vinto l’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino 2020.

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