GRAZIE A DIO – Film di François Ozon. Con Melvil Poupaud, Denis Menochet, Swann Arlaud, Eric Caravaca, Josiane Balasko, François Marthouret, Aurélia Petit, Bernard Verley, Martine Erthe, Francia 2019. Fotografia di Manu Dacosse, musiche di Evgueni e Sacha Galperine –
Il regista François Ozon scrive una sceneggiatura tratta da una storia vera: un caso di pedofilia nella chiesa francese tra gli anni ’80 e ’90, un religioso accusato di aver molestato 70 bambini. Un argomento, purtroppo, di estrema attualità. Il regista francese confeziona questo bel film in modo misurato ed emozionante senza scadere nel melodramma.
Alexandre Guérin è un giovane padre di famiglia cattolico, che vive a Lione con moglie e cinque figli e lavora tra Lione e Parigi. Scopre casualmente che padre Preynat, il prete che lo aveva molestato da piccolo, è ancora a contatto con i bambini. Decide allora di dover fare qualcosa e inizia una battaglia tutta interna alla chiesa che si rivelerà, presto, inutile. Né la psicologa cattolica Regine Marie, né il cardinale di Lione Barbarin, denunceranno il prete pedofilo (pedosessuale), nonostante in un incontro organizzato dalla psicologa tra vittima e carnefice il prete abbia confessato tutto, ammettendo di avere “un problema con i ragazzini” e dichiarandosi “malato”, e nonostante il papa stia conducendo una battaglia (personale?) contro la pedofilia.
Alexandre, si sente preso in giro ed esasperato, denuncia il prete alla polizia, anche se il crimine ormai è caduto in prescrizione. Trova presto il sostegno di François ed Emmanuel, due tra le altre vittime del sacerdote. Si scopre man mano che, essendo stato padre Preynat negli scout ha avuto modo di molestare centinaia di bambini.
I tre si uniscono in una associazione “La parole libérée” per pretendere da un lato che sia fatta giustizia, e dall’altro, per liberarsi di un peso e di una grande sofferenza che si portano dentro per non avere avuto coraggio di parlarne prima, oppure non essendo stati ascoltati nel caso ne avessero parlato con i propri genitori. Storie simili vissute in tre ambienti diversi di tre persone oggi completamente differenti. Qualcuno ha subìto conseguenze devastanti, qualcun altro è riuscito a costruirsi comunque una vita “normale”, e tra gli altri molestati si sospetta perfino un suicidio.
Insieme usciranno allo scoperto trovando il coraggio di parlare e denunciare, che per vent’anni non hanno mai avuto. Qualcuno trova il sostegno il sostegno delle mogli, o delle madri, qualcun’altro esattamente l’opposto. Così, grazie alle vittime coraggiose sarà riaperto questo caso tenuto in ombra per un quarto di secolo dalle stesse gerarchie ecclesiastiche, tra connivenza e omertà.
«Grazie a Dio, i fatti a cui si fa riferimento sono tutti prescritti» queste sono le parole (un laspus notevole!) che il Cardinale Barbarin, legato di Lione, si lascia sfuggire in una conferenza stampa dove è obbligato a prendere posizione sui gravissimi fatti, e con le quali Ozon ha confezionato il titolo.
Non sfugge alcun dettaglio all’attento regista e sceneggiatore che mostra un’introspezione psicologica in cui ognuno ha una reazione diversa: come il cattolico vede il prete pedofilo, come invece viene giudicato il prete da chi si è staccato dalla fede, come giudica il perbenista, come si comporta la stampa, come si identifica la compagna molestata, quali sono le gelosie delle persone vicine come i fratelli più normali trascurati, e così via.
Ozon ci presenta una Lione sontuosa, una ricca città borghese diversificata morfologicamente. In particolare, sono molto belle le riprese della Cattedrale che incombe (in tutti i sensi) sulla città.
“Grazie a Dio” è stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2019, e così racconta il regista: «Inizialmente, avevo in mente di raccontare della fragilità maschile: ho quasi sempre rivolto la mia attenzione a personaggi femminili forti e per una volta volevo dedicarmi all’altra metà della mela, a quegli uomini che sono visibilmente sofferenti e che non hanno paura di mostrarsi emotivi… caratteristiche che di solito associamo alle donne. Pensavo di chiamare il film L’uomo che piange…Mi sono poi imbattuto nella storia del caso Preynat: nel sito internet messo in piedi dalle vittime, “La parole libérée”, ho letto vicende di uomini che erano stati da piccoli, vittime di abusi sessuali in chiesa. Mi ha particolarmente commosso la vicenda di un certo Alexandre, un fervente cattolico che ha fornito un resoconto dettagliato di come abbia lottato in silenzio fino a quarant’anni, quando finalmente si è sentito pronto a raccontare quanto gli era accaduto… Una volta letto tutto, ho deciso di contattare Alexandre».