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Microcritiche / Hollywood, la Favola che cambia la Storia

25 Settembre 2019
di Ghisi Grütter

C’ERA UNA VOLTA HOLLYWOOD – Film di Quentin Tarantino. Leonardo Di Caprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Emile Hirsch, Dakota Fenning, Al Pacino, Kurt Russel, Lorenza Izzo, USA 2019. Fotografia di Robert Richardson, montaggio di Fred Raskin, costumi di Arianne Phillips – 

C’era una volta Hollywood” è un po’ una fiaba, da un lato mostra la nostalgia di un tipo di cinema che non c’è più, dall’altra è la storia di un attore in declino, un povero cristo, che non riesce a reinserirsi nella società cinematografica.

Questo attraverso il racconto delle storie di tre personaggi: Rick Dalton (uno strepitoso Leonardo Di Caprio in stato di grazia), la sua controfigura Cliff Booth (un emaciato e cresciuto Brad Pitt) e la vicina di casa a Cielo Drive, Sharon Tate (Margot Robbie), un’insicura attricetta, giovane moglie di Roman Polanski.

Rick è un personaggio vanesio preoccupato di non avere più il successo di una volta, e si accontenta di girare parti secondarie in film TV, dove è declassato a fare le parti del cattivo, pur di non venire in Italia a girare uno spaghetti western. Per superare la sua depressione inizia a bere un po’ troppo, con il risultato che ha difficoltà a ricordarsi tutte le battute. Molto significativo è il duetto tra Rick e l’attrice bambina saputella, nella pausa delle riprese.

Cliff è il suo stuntmanma anche il suo autista, il suo amico, e anche una sorta di bodyguard. Condividono i film, le bevute e anche le solitudini. Si vocifera che Cliff abbia ucciso la moglie ma che l’abbia fatta franca. Cliff è più solido di Rick, ha una decina d’anni di più ma non si vede, non cerca la notorietà, può essere violento quando provocato, ma ha la sua etica e un alto senso dell’amicizia.

Sharon Tate, è descritta come una svampita e allegra giovane che va perfino a cinema a vedere uno dei due film che ha interpretato, chiedendo lo sconto. Nata a Dallas, Texas, ventisei anni prima possiede una bellezza eterea e archetipica.

Un’atmosfera malinconica pervade tutto il film, mentre la città è rappresentata da strade, automobili, luoghi, insegne, studios,roulotte, billboradse musica, tanta tanta musica (Otis Redding, Joe Cocker, Aretha Franklin, The Mama & The Papas, The Rolling Stones ecc. ecc.). Una Los Angeles del 1969 quella di Tarantino che non c’è più, ma è per sempre fissata nella memoria delle innumerevoli pellicole che ne hanno attraversato gli spazi.

Quentin Tarantino è un cineamatore, un regista con grande conoscenza dei prodotti cinematografici e televisivi e lo mostra in questo film dove ci sono moltissimi riferimenti a B movies, alcuni che noi in Italia neanche abbiamo conosciuto. Spesso il regista fa riferimento a TV show della fine degli anni ’60 o inizio della successiva decade, come la serie “Billy Jack”di Tom Laughlin, maestro dell’arte marziale hapkido, o quelli con attori come Ty Hardin (la serie western Bronco), Edd Byrnes (interprete di spaghetti western) o George Maharis (serie Route 66). Viene citata spesso la serie di successo F.B.I.che in US è andata in onda dal 1965 al 1974, seguita anche da George Spahn, il proprietario del ranch dove bivaccano gli hippies. Il film è pieno di dettagli vintagee nella casa di Rick appare un manifesto di “The Golden Stallion”, un musical western di Roy Rogers del 1949.

Appare per due minuti anche Steve Mc Queen, che è stato l’attore cool per antonomasia, ed è sicuramente un riferimento per la figura di Cliff, anche per il rapporto con il suo stuntman Bud Ekins che lo ha contagiato con la passione per le corse.

Bellissime sono le due scene di preparazione del cibo del cane che ricordano quella indimenticabile di “The long Goodbye” di Altan con Eliot Gould che dava da mangiare al gatto esigente.

Rick e Cliff andranno in Italia a girare insieme alcuni spaghetti western, nonostante la riluttanza iniziale di Rick dovuta anche alla sua scarsa conoscenza cinematografica: «Chi è Corrucci?» chiede al manager Schwarz/Al Pacino: «Il secondo importante regista di spaghetti western», gli risponde il manager pensando molto probabilmente a Sergio Leone. Rick Dalton tornerà dall’Italia con una moglie italiana di nome Francesca Capucci.

Sicuramente ci sono nel film molte cose arbitrarie messe lì solo per il piacere di citazioni, però la favola cambia la Storia e viene procurato un diverso finale alla strage di Bel Air.

A Rick Dalton non piace il nuovo cinema di cui “Easy Rider” viene considerato un capostipite, e ubriaco sul finale chiama l’hippy Tex col nome di Dennis Hopper, facendo confondere la filosofia hippy con quella violenta di Charles Manson. Del resto è così che Tarantino ce la presenta.

Così che Giustizia è fatta attraverso Vendetta, elemento ricorrente nel repertorio tarantiniano, come era già successo in “Bastardi senza gloria” o in “Kill Bill”.

Sembra quasi impossibile per chi si ricorda questa Hollywood raccontata da Tarantino di puro entertainment e di disimpegno, che oggi, ai tempi di Trump, sia rimasta l’ultimo baluardo di una sinistra americana.

 

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