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Microcritiche / Amore e follia per le parole

3 Aprile 2019
di Ghisi Grütter

IL PROFESSORE E IL PAZZO – Film di P.B. Shemran. Con Sean Penn, Mel Gibson, Natalie Dormer, Jennifer Ehle, Eddie Mursan, Stephen Dillane, Ioan Gruffud, Steve Coogan, Irlanda 2019. Musiche Bear McCreary –

Tratto dal libro The Surgeon of Crowthorne: A Tale of Murder, Madness and the Love of Words di Simon Winchester del 1998, il film racconta la nascita dell’Oxford English Dictionary iniziato nel 1879 ad opera di Sir James Murray (Mel Gibson).
“Il Professore e il pazzo” è un ennesimo biopic, sembra che ormai la fantasia non abbia più spazio nelle sceneggiature, che invece si concentrano a romanzare una realtà vissuta, anche se al limite del verosimile.
Ciò che emerge dal film è soprattutto l’importanza delle parole, come esse abbiano cambiato significato nei secoli, come siano state usate dai grandi poeti, ed è strano che ciò debba essere sostenuto proprio da un mezzo che si esprime con le immagini. Nel film però ci sono molte altre cose (troppe?): sensi di colpa, dolore, perdono, redenzione, e amicizia. Quest’ultima si riscontra nel rapporto tra uno scozzese e un americano, dove il primo è un colto filologo nonostante sia figlio di un sarto e non abbia neanche finito le scuole secondarie. Il secondo, William Chester Minor (Sean Penn), è ex chirurgo rinchiuso in manicomio dopo aver ucciso per errore un uomo innocente. Nel film c’è anche spazio per un j’accuse sui metodi violenti e alienanti della psichiatria inglese della fine dell’Ottocento. Il grande merito di Murray è di essersi inventato il crowdsourcing, e grazie a ciò di aver trovato la assurda collaborazione di un assassino americano. Mi chiedo se per gli Oxfordiani dell’epoca era peggio che fosse americano o assassino.
C’è, inoltre, una storia parallela che in qualche modo interferisce con quella delle definizioni delle parole: Minor in cerca di redenzione e di perdono gira a Eliza Merrett (Natalie Dormer), la vedova dell’uomo che ha ucciso, la sua pensione di militare. Lei lo va a trovare in manicomio e, nonostante il suo odio iniziale, man mano nasce un incredibile rapporto di amore tra di loro. Eliza gli porta dei libri da leggere e lui, scoperto che lei è analfabeta, le insegna a leggere e a scrivere. “Quando leggo nessuno mi dà la caccia, ma sono io che inseguo” le dice e anche “Imparate a leggere, è la libertà”.
William Chester Minor, perseguitato dai fantasmi della guerra e dilaniato dai sensi di colpa per aver ucciso Merrett, trova una catarsi nella lettura – si fa portare tutti i suoi libri in cella, e poi si fa costruire una nuova libreria per ulteriori libri – e in tal modo dà un senso alla sua vita ormai condannata alla solitudine e alla paranoia.
Alla fine Sir James Murray, nonostante sia ostacolato da alcuni dello staff di Oxford, continuerà il suo lavoro e l’Enciclopedia si farà, mentre il dott. William Chester Minor sarà rimesso in libertà ed estradato in America. Anche se il film non lo mostra, il dizionario sarà concluso nel 1928, composto da 12 volumi, con 414.825 definizioni e 1.827.306 citazioni ed esempi per illustrarne il significato.
Il film si regge esclusivamente sull’ottima interpretazione degli attori. Mel Gibson è stranamente contenuto in una parte, a tratti, al limite dell’understatement, e il cui amore per il lavoro lo porta a trascurare Ada (Jennifer Ehle), la sua fantastica moglie e i suoi quattro figli. Sean Penn, che da sempre ama impersonare personaggi alternativi, in qualche misura “diversi” – Sam Dawson in “Mi chiamo Sam”, del 2001, Harvey Milk in “Milk” del 2008, la rockstar Cheyenne in “This must be the place” del 2011 – mostra un’interpretazione strepitosa: se possibile, ogni volta supera se stesso. Stavolta nessuno dei due attori è il regista, le cui ultimissime performance non sono particolarmente riuscite, però è stato Mel Gibson, sempre alla ricerca di uomini capaci di fare la storia – William Wallace di “Braveheart – Cuore impavido” del 1995, Benjamin Martin in “Il patriota” del 2000, o la controversa “Passione di Cristo” del 2004 – a leggere e appassionarsi al libro, già da tempo. La direzione del film è stata affidata al suo collaboratore Farhad Safinia, noto anche con lo pseudonimo di P. B. Shemran, produttore e sceneggiatore, al suo esordio nella regia.

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