Pubblicato sul manifesto il 9 aprile 2019 –
Ho partecipato a Genova a un incontro promosso dalla Fondazione Diesse (nuova sede a Sampierdarena che era una vecchia sezione del Pci) su tre parole impegnative: Sinistra, Crisi, Europa. Aprivano Mario Margini, Anna Maria Dagnino, e Andrea Grande. Concludeva Aldo Tortorella. A parte Grande, non ancora trentenne responsabile di “Articolo Uno”, l’età media si orientava ai settanta (e più. Con molti cari compagni e compagne che ho rivisto molto volentieri).
Ma l’occasione mi ha fatto invece riflettere sull’imprevisto protagonismo degli adolescenti. Detti così dal latino ad , rafforzativo, e alere, nutrire. L’adolescente è colui che si sta nutrendo – nel corpo e nello spirito – per crescere. L’adulto, participio passato della stessa matrice, è colui che si è già nutrito ( guai però se si accontentasse…).
E’ stata Anna Maria Dagnino, ex amministratirce e sempre insegnante, a evocare persone tanto più giovani. Qui si parla di crisi, se non di catastrofe europea – ha detto – ma guardate che tra i quindicenni e sedicenni con cui parlo a scuola l’idea di Europa, e anche la condivisione dei “valori” che all’Europa attribuiamo, è cosa scontata. “Siamo europei – ripetono – se questo progetto fallisse sarebbe un trauma. Però abbiamo poca voce in capitolo”.
In realtà questa voce se la stanno prendendo in modo dirompente. Le città di mezzo mondo si sono riempite delle proteste per la difesa del clima e dell’ambiente dietro gli incitamenti di Greta. E abbiamo tutti ascoltato con stupita commozione il discorso antirazzista di Simone, che a Torre Maura ha tenuto testa ai facinorosi di Casa Pound dall’alto dei suoi 15 anni.
A Genova un altro amico, Giordano Bruschi (inossidabile ultranovantenne, ex dirigente del sindacato marittimi) mi ha dato un libretto con i diari che Giacomo Buranello, partigiano ucciso dai nazifascisti nel marzo del ’44, tenne negli ultimi anni del liceo, dal ’37 al ’39, tra i 16 e i 18 anni. E’ un testo toccante (Fratelli Frilli Editori). Il ragazzo Giacomo si preoccupa di non studiare abbastanza, ma nel tempo libero compra, legge e commenta libri che vanno dai romanzi di Dostoevskij ai saggi di De Sanctis, a testi di Kant, Platone, Nietzsche, Darwin, Machiavelli, per non parlare di Dante, Leopardi, Manzoni… Ma ciò che colpisce è che questo giovane, figlio di un operaio e di una madre sensibile e accorta, è del tutto libero dalla cappa di conformismo e di soggezione al potere che domina al culmine del regime fascista.
Buranello vede la sconcezza delle leggi razziali (i suoi testi scolastici migliori, osserva citando Momigliano, Enriquez, Vanni e Treves, sono tutti scritti da ebrei) critica la piccolezza meschina dei professori che si adeguano. E descrive magistralmente la società fascistizzata piena di ingiustizie sociali e razziste, ma soprattutto retta dalla paura: “…è proprio una gerarchia di paure: il più piccolo ha paura del più grosso e così via si giunge attraverso sempre più forti paure al vertice della piramide che è oggetto della paura di tutti e che è esso stesso una smisurata paura di tutto e tutti”.
Ascoltando poi l’intervento di Tortorella pensavo che anche lui, un po’ più giovane di Buranello, a 18 anni era a Genova a capo del Fronte della gioventù, carico di letture filosofiche e letterarie in parte simili a quelle di Giacomo.
Loro due ebbero alcuni buoni maestri. In questi giorni ci siamo accorti che anche Simone, a Torre Maura, ha avuto qualche buon insegnante (vedi le risposte alla incomprensibile polemica di Elena Stancanelli sul “cattivo italiano” del ragazzo). Anche questo ci consola.