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Microcritiche / Un giorno per la Terra con Quilici

25 Aprile 2018
di Ghisi Grütter

La Earth Day è la più grande manifestazione ambientale del pianeta che lo celebra e ne promuove la salvaguardia. Voluta dal senatore Gaylord Nelson e da John F. Kennedy fu istituita il 22 aprile del 1970, un anno dopo l’ennesimo disastro ambientale causato dalla fuoriuscita del petrolio dal pozzo della Union Oil in California.
Nella giornata mondiale della Terra il Cinema Trevi di Roma ha presentato una rassegna dei film del regista Folco Quilici. Il Centro Sperimentale di Cinematografia possiede 346 opere di Quilici tra libri, DVD, sceneggiature, cartelle rassegna stampa e quant’altro gli sia stato donato dallo stesso autore. Sono stati mostrati cinque filmati di lunghezze diverse: “Arte italiana dal 1910 al 1950” che documenta le opere esposte in una Mostra a Berlino nel 1957, “Oceano” del 1970, di cui parlerò in dettaglio più avanti, “Il dio sotto la pelle” del 1974, dove inizia un vero discorso ecologico partendo dai dati catastrofici forniti dalla scienza sulla progressiva estinzione di alcune risorse fondamentali per l’umanità, “Fratello mare” del 1975, una denuncia dello scempio consumistico della Polinesia e, a conclusione, “Passeggiata di buon mattino” il suo delizioso saggio di diploma alla Scuola Nazionale di Cinema.
Definito il re dei documentaristi, l’esploratore e anche scrittore Folco Quilici è scomparso due mesi fa. È considerato da molti “il massimo narratore del nostro pianeta Terra”.
Nato a Ferrara nel 1930, Quilici era figlio della pittrice e xilografa Mimì Buzzacchi e del giornalista Nello Quilici, cosa che lo ha reso particolarmente sensibile sia nei confronti del linguaggi iconici sia di diverse curiosità storiche. Già a diciannove anni filmò il suo primo documentario “Pinne, e arpioni”, girato in Sardegna, ma il suo primo successo è “Sesto Continente” sul mare africano, che ottenne il prestigioso Premio Speciale alla Mostra del Cinema di Venezia del 1954 . Ha poi conquistato l’Orso d’Argento al Festival di Berlino con “Ultimo Paradiso” nel 1956 e ottenuto il premio Unesco per la Cultura nel 1961 con “Tikoyo e il suo pescecane”. Il saggio di diploma di Folco Quilici del 1952, mostra un’incredibile sensibilità anche nei confronti dell’ambiente urbano: il film è un ritratto della Roma “popolare” degli anni ’50 ripresa nei suoi accesi colori primaverili. Famosa è la sequenza dei quattro pretini vestiti di rosso che camminano in città di prima mattina, per andare all’ufficio postale.
Così ha scritto Fabio Francione sul “manifesto”: «Iconico quanto mai, negli anni Sessanta Folco Quilici era entrato in punta di piedi attraverso la TV, nelle case degli italiani e ci restò a più riprese per quarant’anni con i suoi programmi, spesso realizzati in anticipo sui tempi in coproduzione con la Rai e la complicità di aziende e industrie. In tal senso e tra i lampi della sua sterminata produzione, spiccano i 14 episodi de “L’Italia vista dal cielo”, realizzati nell’arco di poco più di un decennio, tra la metà degli anni Sessanta e la seconda parte del decennio successivo. Sembrano leggere a tappe e con i commenti dei migliori scrittori dell’epoca (Siloni, Piovene, Dessì, Calvino), la celebre fisionomia dello Stivale come una serie di stratificazioni storiche e urbane di rara bellezza». Per chi come me era bambina in quegli anni, ricorda con piacere e ammirazione le sue trasmissioni televisive.
Il suo splendido “Oceano” ha vinto il premio speciale del Festival di Taormina nel 1971 e il David di Donatello nel 1972. Sulle musiche di Ennio Morricone, il film narra le vicende di Tanài, un giovane polinesiano costretto a lasciare la sua isoletta sassosa in cerca di terra fertile per far nascere l’albero del pane. Fine conoscitore del mare quale frutto degli insegnamenti dei padri, percorre tutto l’oceano a bordo di una canoa. Arrivato all’isola di Pasqua, dove vede gli idoli di pietra scolpiti nella roccia, viene ben accolto dagli abitanti che lo aiutano a ripartire. Dopo un violento naufragio, approda in terra vulcanica dove viene ritrovato dalla tribù Papoa che lo fa prigioniero con l’intenzione di immolarlo alle divinità avverse. Una giovane donna lo aiuta a fuggire e un anziano europeo, che vive isolato come un eremita, gli fa ritrovare altri polinesiani ma, una volta ritornato nel suo isolotto, Tanài la troverà deserta, le capanne distrutte e nessun abitante. Infatti, sono stati tutti trasferiti in Alaska dagli scienziati statunitensi perché sulla sua isola è stata fatta esplodere una bomba atomica. Ecco i risultati del progresso!
Nel 1974 con “Fratello mare” Quilici vince il Primo Premio al Festival Internazionale del Cinema Marino a Cartagena e, nel 1991 con “Cacciatori di Navi” il Premio Umbria Fiction. Tra il 1976 e il 1979 ha diretto La Grande Enciclopedia del Mare; con la moglie Anna ha scritto due biografie “Amundsen” – l’esploratore polare norvegese – nel 1998 e “Jack London” – il giornalista e scrittore statunitense – nel 2000, “Premio Chianciano” e “Premio Castiglioncello”.
Folco Quilici ha lavorato tra gli altri con lo storico francese Fernand Braudel, con l’antropologo Claude Lévi-Strauss e con l’archeologo Sabatino Moscati con cui ha realizzato due serie dedicate all’archeologia subacquea. Dal 2002 ha collaborato con importanti serie televisive a Sky. Nel 2012 ha scritto due libri per ragazzi “Storie del Mare” e “Amico Oceano”, mentre del 2016 il saggio “Umili eroi. Storia degli animali nella Grande Guerra”.
Non si può qui ricordare tutti i premi ottenuti sia da cineasta sia da scrittore perché sono veramente molti, si rimanda quindi alle biografie specifiche. Concludo però questo breve articolo ricordando che nel 1983 il Presidente Sandro Pertini gli ha conferito la Medaglia d’oro per meriti culturali, mentre nel 2006 la rivista “Forbes” lo ha inserito tra le cento firme più influenti del mondo per i suoi film e i sui libri sull’ambiente e sulle culture.
Grazie Folco del tuo impegno e di tutto ciò che hai fatto.

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