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Microcritiche / Doppio amore con manuale freudiano

8 Aprile 2018
di Ghisi Grütter

L’AMANT DOUBLE – DOPPIO AMORE – Film di François Ozon. Con Marine Vacth, Jérémie Renier, Jacqueline Bisset, Miriam Boyer, Francia 2017. Fotografia Manuel Dacosse, musiche di Philippe Rombi-

All’interno del Festival del Nuovo Cinema Francese in questi giorni a Roma, è stato proiettato “L’amant double – Doppio amore” di François Ozon, tratto da un romanzo breve di Joyce Carol Oates da titolo “Lives of The Twins”.
La tematica del doppio è uno degli argomenti di base trattati dalla psicoanalisi. Nella Vienna dell’inizio del Novecento, Sigmund Freud confidò di aver evitato lo scrittore Arthur Schnitzler (autore tra gli altri di Doppio Sogno) «per una specie di timore del “sosia”». Così gli scrisse nel 1922 in una lettera: «…sempre, quando mi sono abbandonato alle Sue belle creazioni, ho creduto di trovare dietro la loro parvenza poetica gli stessi presupposti, interessi e risultati che conoscevo come miei propri. Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo -, la Sua penetrazione nelle verità dell’inconscio, nella natura istintiva dell’uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l’adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare… Così ho avuto l’impressione che Ella sapesse per intuizione – ma in verità a causa di una raffinata auto-percezione – tutto ciò che io, con un lavoro faticoso, ho scoperto negli altri uomini…».
L’amant double” presenta un motivo onirico-reale surreale, un po’ come i romanzi di Schnitzler, trasposto a Parigi ai giorni d’oggi. Chloé (Marine Vacth) è una ragazza di venticinque anni, ex modella, che soffre spesso di algie addominali. Vive da sola, con un gattone certosino di nome Milo. Figlia unica – avrebbe sempre desiderato avere una sorella, magari una gemella – e non voluta di una donna libera e affascinante (Jacqueline Bisset) e di padre incerto, è stata cresciuta dai nonni sentendosi, pertanto, abbandonata e non amata.
A un controllo medico, la ginecologa non le riscontra alcun problema fisico, ma pensa che i suoi dolori possano avere un’origine psicosomatica, per questa ragione Chloé inizia una terapia psicoanalitica con l’affascinante dott. Paul Meyer (Jérémie Renier). Tra i due nasce una forte attrazione reciproca e il risultato è che la terapia si interrompe e i due vanno, invece, a vivere insieme. Casualmente Chloé scopre che Paul nasconde un segreto: ha cambiato cognome ed ha un fratello gemello monozigote anch’esso psichiatra, ma che pratica una terapia cognitivo-comportamentale. Lei inizia, di nascosto da Paul, a frequentarlo e anche lì la terapia si trasforma in un rapporto sessuale piuttosto passionale. Di più non posso dire per non fare spoiler, ma “L’amant double – Doppio amore” da film psicologico si trasforma, man mano e in crescendo, in un thriller. Di film sui gemelli ne sono stati fatti vari ma vorrei ricordarne uno splendido, a cui probabilmente Ozon si è ispirato, “Gli inseparabili” di Cronenberg del 1988 con la magnifica interpretazione di Jeremy Irons nella parte dei due gemelli ginecologi. Qui, purtroppo, Jérémie Renier, un attore feticcio dei fratelli Dardennes, non riesce a essere all’altezza del suo doppio ruolo.
L’ambientazione è molto accurata, dall’appartamento più modesto dove vivono Chloé e Paul, si passa al Museo di Arte Contemporanea de la Ville de Paris al Trocadero, per arrivare al lussuoso studio del fratello Louis situato in un bellissimo palazzo decò nella zona de Les Invalides. Molti sono gli specchi negli interni e le immagini simmetriche che la sapiente fotografia di Manuel Dacosse mette in evidenza. I percorsi della protagonista negli interni minimalisti del Museo e quelli su e giù per le scale a spirale dei palazzi dell’inizio del Novecento, sono inquietanti, ciononostante il film non convince.
François Ozon ha un gran talento come regista, ma spesso eccede: ha la mano facile, ma non sa quando fermarsi, pertanto, diventa manierista e ridondante. Nella prima parte “L’amant double – Doppio amore” diventa ripetitivo e molte trovate del regista sembrano scelte con l’obiettivo di épater les bourgeois. Inoltre, se si sfoglia un glossario di psicoanalisi si possono ritrovare tutti gli elementi del film:
– Il transfert è un meccanismo per cui si tende a spostare sentimenti, emozioni e desideri su una persona con cui si ha un coinvolgimento, un rapporto interpersonale, in un modo inconscio. Chloé, quindi, ha una proiezione di stima, amore e desiderio per il partner psicoanalitico.
– Il contro-transfert è la contro-traslazione che insorge nel medico per l’influsso del paziente sui suoi sentimenti inconsci, cosa che avviene in entrambi i fratelli psichiatri.
– La proiezione in psicoanalisi è un meccanismo di difesa per cui un soggetto attribuisce a qualcun altro delle situazioni psichiche che non riesce ad ammettere in se stesso. Così farà la protagonista nel film nei confronti di Paul.
– L’isteria è il primissimo disturbo affrontato da Sigmund Freud (“Il caso di Dora” pubblicato nel 1905 costituisce uno dei suoi casi clinici più celebri). È una tipologia di attacchi nevrotici intensi di soggetti prevalentemente femminili, con stati emozionali parossistici particolarmente teatrali. Può portare, ad esempio, a una gravidanza isterica.
– Il narcisismo: in una delle versioni del mito di Narciso si racconta che avesse una sorella gemella di cui poi s’innamorò e quando lei morì, guardandosi allo specchio credette di vedere l’immagine di lei. Ecco spiegata la presenza degli specchi (oltre alle citazioni filmiche) e delle varie riflessioni di immagini.
– tra le varie cose trovano spazio nel film anche i sogni con i loro significati, i complessi edipici, e l’invidia del pene di cui sembra soffrano alcune donne e che Chloé, a un certo punto, mostra nel rapporto sessuale.
Molte (anche troppe) sono le esplicite citazioni cinefile, da “Rosemary’s baby” di Polanski del 1968 – la vicina (Miriam Boyer) invadente è un omaggio a Minnie interpretata da Ruth Gordon – agli animali impagliati de “La donna che visse due volte” di Hitchcock del 1954, dal gatto spettatore degli amplessi in “Elle” di Paul Verhoeven del 2016, a “La signora di Shanghai” di Orson Wells del 1947 – lo sparo a una delle due immagini speculari con conseguente rottura dello specchio.
L’amant double – Doppio amore” è stato presentato alla 70ma edizione del festival di Cannes. François Ozon e Marine Vacth avevano già girato insieme nel 2013 Giovane e bella, un buon film sulla prostituzione femminile e sicuramente con meno citazioni.

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