Pubblicato sul manifesto il 27 marzo 2018 –
L’altro giorno mentre guardavo uno dei simpatici non-stop televisivi di Mentana con i discorsi in diretta del nuovo presidente della Camera Roberto Fico e della nuova presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ho provato una improvvisa sensazione di benessere. Da dove veniva questa misteriosa mutazione di uno stato d’animo normalmente annoiato, depresso o irritato di fronte alle cronache politiche?
Me lo sono chiesto e, marzullianamente, mi sono dato la risposta: non poche cose che ascoltavo mi sembravano più che decenti, condivisibili. Eppure avevo di fronte uno “storico” rappresentante del movimento del “vaffa” e una fedelissima di lungo corso dell’uomo del “Bunga bunga”. Com’era possibile questo paradosso?
D’altronde le parole non potevano essere equivocate. Roberto Fico ricordava i martiri che lottarono contro il nazifascismo e l’anniversario delle Fosse Ardeatine. La Casellati elogiava “le mai abbastanza ricordate eroine del Risorgimento” e “le tante ragazze, di ogni estrazione sociale e di ogni credo religioso, che hanno rappresentato l’anima della lotta di Liberazione e che, mi sia consentito, sono qui oggi magistralmente rappresentate dalla senatrice Liliana Segre”.
Il pensiero che mi attraversava era più o meno questo: nonostante tutte le parole e le azioni distruttrici che da più parti si consumano contro la credibilità della democrazia rappresentativa, questa mantiene una sua forza, capace in una certa misura di raddrizzare i danni e di parare i colpi che quotidianamente gli vengono inferti.
L’esponente di un movimento che ha mitizzato la partecipazione diretta grazie al web (e c’è anche qualcosa di vero), ha puntato tutto l’asse del suo discorso sulla centralità del Parlamento: “…invito tutti noi a riflettere sulla necessità che il Parlamento ritrovi la centralità che gli è garantita dalla Costituzione: obiettivo determinante per affrontare non soltanto le sfide interne, ma anche per dare nuovo valore all’idea stessa di Europa e affrontare le grandi sfide globali della nostra epoca”.
Mentre l’avvocata amica di Ghedini che – secondo molte cronache – è stata sempre attivissima nella difesa a ogni costo dei tanti conflitti di interesse, e di peggio, che hanno investito nel tempo Silvio Berlusconi, ha citato più volte il dettato costituzionale: “Da oggi, le mie energie saranno rivolte ad assolvere questo prestigioso ruolo con Disciplina e Onore, cercando ogni giorno di mettere in pratica quei valori che la nostra Carta costituzionale – di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario – ha posto alla base della vita delle istituzioni repubblicane”.
Si dirà: frasi di circostanza. Un po’ di retorica istituzionale, condita con l’emozione del momento, che potrà presto lasciare il tempo che trova. Un tempo afflitto da una sempre più insopportabile corruzione del linguaggio della politica (oltre che dei comportamenti di svariati suoi rappresentanti).
Eppure, forse per eccesso ottimistico, vorrei non sottovalutare la bontà di meccanismi che obbligano almeno una volta ogni tanto chi si assume responsabilità politiche importanti a usare espressioni non volgari, che sembrano attente al bisogno di serietà e di buone intenzioni che i cittadini, votanti o meno, si aspettano.
La complessa fase democratica che viviamo, dopo un voto che chiede un cambiamento, può forse dar luogo a qualcosa di formativo. Se si vuole governare (o anche fare bene l’opposizione) bisogna cercare alleanze, indicare programmi, concludere accordi.
E parlare in modo finalmente più civile.