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Microcritiche / Siamo tutti un po’ assassini?

9 Novembre 2016
di Ghisi Grütter

imgresLA RAGAZZA SENZA NOME – Film di Jean-Pierre e Luc Dardenne. Con Adèle Haenel, Jérémie Renier, Olivier Gourmet, Fabrizio Rongione –

Un elemento tipico dei film dei fratelli Dardenne è l’uso di una storia – o di un protagonista solitamente femminile – per incrociare varie umanità, occuparsi di persone differenti tra loro, mettere in luce problemi diversi. Anche ne La Fille Inconnue sembra quasi che la vicenda sia un pretesto per uno squarcio sul sociale urbano costituito da operai, piccoli spacciatori, malati anziani, malati giovani e così via.
Siamo in Belgio a Seraign-sur-Meuse, una piccola cittadina industriale nella regione Vallone della provincia di Liegi. Jenny Davin è una giovane dottoressa che lavora nell’ambulatorio medico di un quartiere operaio vicino al fiume, e sostituisce da qualche mese il vecchio medico titolare che ha avuto un serio incidente ed è ricoverato in una casa di cura. Una sera qualcuno suona, fuori orario, alla porta dell’ambulatorio, dove Jenny si era attardata con lo stagista Julien, ed essendo stato superato già da un’ora l’orario di chiusura, Jenny non apre né guarda chi è.
La mattina dopo, la ragazza che aveva suonato sarà trovata morta (forse omicidio?) sull’argine del fiume, senza alcun documento d’identità e Jenny, in preda ai sensi di colpa per non averle aperto, si metterà alla ricerca di indizi per conoscerne almeno il nome. Prende addirittura una tomba al cimitero per poterla seppellire lì, una volta identificata. Far sapere ai suoi parenti che “la ragazza senza nome” è morta, diventerà la sua ossessione e finirà lei stessa a ossessionare alcune persone che sospettava la conoscessero. Il film avrà quindi uno sviluppo da thriller costituendosi in un’indagine per presunto omicidio o quantomeno, per una morte sospetta.
Alla fine si scoprirà che sono tutti, almeno un po’ colpevoli: uno per omissione di soccorso, l’altro per lo sfruttamento di prostituzione, l’altra ancora gelosa per aver desiderato la sparizione della ragazza, il ragazzo per l’omertà, tutti con tanti sensi di colpa nel momento che Jenny li mette di fronte alle proprie responsabilità. Sembrerebbe che la ragazza sia stata uccisa da una concomitanza di colpe, ma prevalentemente dalla indifferenza – quando non cattiveria – di tutti gli abitanti della cittadina belga (ma non sarà estendibile a tutta l’Europa?). Così i Dardenne lanciano questo mònito contro una società sprofondata in una dimensione sempre, più individualista, che vive in assenza di solidarietà umana e chiudendosi attorno al proprio piccolo nucleo familiare.
Interessante è la figura di Julien (Jérémie Renier attore feticcio dei fratelli Dardenne), studente di medicina tirocinante che si spaventa nel vedere un attacco epilettico e cade in crisi sulla sua capacità di fare il medico. Jenny riuscirà a convincerlo a proseguire quando, ritornato in campagna dalla nonna, meditava di abbandonare gli studi.
Jenny Davin, ben interpretata da Adèle Haenel, non è simpatica, anzi all’inizio è proprio scostante e asserisce che un bravo medico non si deve far coinvolgere dai propri sentimenti. Attraverso tutta la vicenda della sua inchiesta portata avanti con determinazione, e solo dopo aver dato retta alle sue emozioni, si trasformerà in una persona più calda e umana.
Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2016 dove però ha vinto Ken Loach con Io, Daniel Blake.

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