Anima / Corpo

benessere malessere, la scienza, lo spirito, la vita

Locale / Globale

relazioni politiche, dal quartiere al mondo

In una parola / Religione

20 Agosto 2016
di Alberto Leiss

imagesPubblicato sul manifesto il 2 agosto 2016 –

Accingendomi a un periodo di vacanza, anche dall’impegno di questa rubrica, avrei voluto congedarmi in modo leggero, magari suggerendo la lettura di qualche libro ricco di ironia e di pensiero. Per esempio le cronache giornalistiche del giovane Billy Wilder ( Il principe di Galles va in vacanza, Edizioni Lindau 2016 ), oppure le minirecensioni spesso deliziosamente crudeli della Szymborska ( Come vivere in modo più confortevole, Adelphi 2016) o anche il fantastico Libro di sogni raccolti da Borges (Adelphi 2015).
Ma avrei in un certo senso tradito me stesso, infatti in queste ore il mio pensiero ricorrente, come credo di molti altri, era un interrogativo legato alle cronache più drammatiche: sarà un successo o no il proposito di ritrovarsi insieme in chiesa tra cristiani e musulmani, uniti contro il fondamentalismo e il terrorismo? Sarà dimostrata vera la tesi di Francesco, che saremo anche in guerra, ma che non è una guerra di religione?
La lettura dei giornali è stata confortante. Non mi pare si tratti di calcolare ai decimali le percentuali dei partecipanti alle diverse funzioni religiose, in Francia, in Italia, o altrove. Ma di cogliere il valore simbolico dei gesti e delle parole, a cominciare dal rifiuto musulmano di dare sepoltura ai terroristi colpevoli dell’uccisione di padre Jacques Hamel.
Questo non vuol dire ignorare specificità e differenze nelle culture e nelle religioni – lo ha argomentato sul manifesto Giuliana Sgrena – che possono spiegare per alcuni o per molti versi i conflitti in corso, i quali avvengono in grande misura tra parti diverse dello stesso mondo musulmano. Ma significa credere che la “guerra di religione” si può evitare proprio risalendo al significato originario della parola. È già stato ricordato in questi giorni. Secondo due tradizioni diverse, ma non opposte – che risalgono a Cicerone e a Lattanzio – religione deriva da re-legere, oppure da re-ligare. Nel primo caso significa scegliere con attenzione, prendersi cura, come fanno le persone di-ligenti. Nel secondo caso vuol dire creare legami. Ed è chiaro che queste disposizioni dell’animo e intenzioni dell’agire sono rivolti alla divinità, ma anche alla comunità degli uomini e delle donne in cui si vive.
È questo lo spirito anche delle frasi pronunciate dal Papa, di ritorno dalla Polonia: in tutte le religioni ci sono gruppi di fanatici e violenti, e – forse non per caso – ha citato i “cattolici battezzati” che ammazzano la fidanzata o la suocera.
Così come il linguaggio di una buona religione civile è stato usato da Angela Merkel e altri politici occidentali, tra i quali anche Renzi, che preferisce continuare a non pronunciare la parola guerra, e che ricorda ogni volta il disastro combinato in Libia con l’intervento contro Gheddafi. Mi sembra giusto rilevarlo.
Non ho dubbi che la violenza di Daesh, e di altri terroristi, potrà essere vinta solo se alla forza e all’intelligenza dell’azione repressiva si uniranno parole e azioni come queste, e anche la riflessione – ancora una volta suggerita da Francesco – sul fatto che in un mondo in cui il potere del “Dio denaro” vince sulla vita delle persone, questo è già “un terrorismo di base contro tutta l’umanità”.
Che dire, infine, di uomini come il nostro Salvini, che, dopo il comizio con bambola gonfiabile e gli insulti alla Boldrini, afferma: “l’Islam non è compatibile con le nostre libertà … chi non lo capisce è illuso, ignorante o complice”? Volendo essere provocatoriamente buonisti, si può ripetere con Billy Wilder che “nessuno è perfetto”. L’ostentazione di tanta imperfezione, però, indispone parecchio.

Pubblico questo pezzo dopo qualche settimana, mentre scrivevo si stavano verificando i primi bombardamenti Usa su Sirte, in Libia, e si apriva nei giorni successivi un dibattito sulla partecipazione dell’Italia, quantomeno fornendo basi e appoggio logistico di vario tipo. La citazione di Renzi è relativa all’intervista da lui rilasciata alla Repubblica il 31 luglio. Mi sono chiesto se ho sbagliato a prendere per buone le parole del premier sulla guerra. Renzi, come in molti altri casi, e in modo molto più grave, dice una cosa e ne fa un’altra? Penso però che valga la pena discuterne e interrogarsi. L’atteggiamento del governo italiano sembra diverso da quello seguito da Berlusconi sia al tempo del Golfo, sia nell’intervento contro Gheddafi. Quanto alla politica americana, quella di Obama non è la stessa dei Bush. Oggi ho letto che l’aviazione americana, che in Siria appoggia contro Daesh i kurdi, ha impedito nuovi bombardamenti di Assad nelle zone kurde. La guerra va sempre evitata e contestata. E quella in Siria è tra le più atroci. Ma quando c’è poi è giusto valutare le dinamiche concrete che assumono i vari attori in campo?
A.L.

Featuring Recent Posts WordPress Widget development by YD