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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

La giustizia secondo le mie amiche

28 Aprile 2016
di Letizia Paolozzi

imagesAlcune amiche mi descrivono il “pacco” del tassista. Quando, sotto casa, verso le undici di sera, gli consegnano venti euro per pagare la corsa (che ne costa dodici), il giovanotto (pare sia giovane) si volta agitando cinque euro. “Signora, lei si è sbagliata”.
Segue breve discussione. Comunque, di notte, con illuminazione fioca, le clienti, dopo qualche minuto, si danno per vinte. D’altronde, sono o no delle signore? Hanno i capelli bianchi e pure gli occhiali: dunque, colpevoli a tutti gli effetti.
Ma questa del tassista non la chiamerei corruzione bensì truffa piccola piccola. Tuttavia, alle amiche rimane la sensazione di doversi guardare le spalle, circondate da un mondo di persone disoneste.
Sicché, quando arriva l’intervista del nuovo presidente dell’Anm, Pier Camillo Davigo, secondo il quale “in Italia hanno vinto i corrotti”, le amiche non riescono a dargli torto. Riflettendo su se stesse, si considerano – direbbe Freud – delle svantaggiate: per età, diottrie e sesso.
Potrebbero consolarsi con il filosofo secondo il quale “da un legno così storto come quello di cui è fatto l’uomo, non si può costruire nulla di perfettamente dritto”. Il fatto che Ernesto Galli della Loggia (sul Corriere della Sera) abbia puntato il dito sulla illegalità diffusa, non le rassicura. Pedantemente rispettose delle regole (gran parte delle donne lo sono), non si capacitano che al concorso per agenti penitenziari in novanta siano stati scoperti con ricetrasmittenti e risposte già pronte per i quiz.
Certo, risultano poco utili i ragionamenti (negativi) sul carattere degli italiani tutti disonesti, tutti furbi, tutti cinici. Dal momento che è anche in gioco “il modo in cui concepiamo la politica e il suo rapporto con l’etica” (Claudia Mancina su L’Unità) servirebbe una grande riforma intellettuale e morale.
Chi ci metterà mano?
Soprattutto di fronte alla questione rivolta al poliziotto (nella serie Fargo dei fratelli Coen) dal nero cattivissimo di Kansas City: “Intendi che il capitalismo è un problema?” “No. Il problema è l’avidità. O tutto o niente”.
Chi può frenare l’avidità?
La politica no perché, finite le grandi narrazioni, manca di autorità.
Quanto alla sete di giustizia, le amiche sanno della irragionevole durata dei processi; dell’uso a man bassa della carcerazione preventiva; delle intercettazioni intente a frugare nelle pieghe del cuore.
Vergogna! E’ roba che non ha nulla di penalmente rilevante. Tuttavia, le intercettazioni aprono uno squarcio sui comportamenti e i legami emotivi che parevano cancellati per sempre. Nella vicenda di Federica Guidi, ex ministro dello Sviluppo economico, ravvisano una figura antica, che pareva scomparsa dai manuali della brava femminista: la donna vittima di imprudenza sentimentale per un maschio da niente.
Senza dimenticare l’altro, enorme problema, quello collegato al circuito politico-mediatico-giudiziario. Il problema della comunicazione.
“Quando uso una parola, diceva Humpty Dumpty, questo significa esattamente quello che decido io. Né più né meno”. Humpty Dumpty comandava senza necessità di strepitare. Tanto, alle incursioni televisive e dei new media non ci pensava ancora nessuno.
Poi arrivò Gianfranco Funari. Aggressivo, grossolano. Però sì, aveva ragione Pippo Baudo, capace di cambiare “il rapporto tra la tv e il pubblico”. Lo cambiò soprattutto grazie alla fascia oraria (meridiana) nella quale le casalinghe decretarono il suo successo.
Piaceva loro lo scoperchiamento degli “altarini”; la pulizia simbolica e sociale; l’abbattimento delle statue e del potere.
Gli anni sono passati. “Mi esibisco, dunque esisto”. Il duetto tra il premier Renzi e il governatore della Campania, De Luca, in chat su fb, questo suggerisce.
Comunque, esistono molte nuove leggi. Più repressione. Più anni di carcere comminati. Magari il nuovo presidente dell’Anm esagera. E però, la scoperta dei Panama Papers, conti offshore per clienti di più di duecento paesi tra i quali politici, banchieri, ministri, deputati che, incuranti dell’interesse generale, hanno deciso di mettere “in salvo” il loro denaro, parla di avidità; di interesse personale. Questi clienti devono pur costruirsi un pensionamento di lusso anche se il 99% dell’umanità non godrà neppure della pensione di vecchiaia di seicento euro alla casalinga. Ecco, mi sa che è questo divario a risultare insopportabile alle mie amiche.
Quanto all’azione salvifica dei giudici, non vorrei fosse quella dei magistrati che hanno sanzionato la loro collega “colpevole” di aver scambiato su fb una battuta sulla avvenenza di Garko.
Esiste anche una eccessiva avidità di giustizia?

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