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In una parola / Forza

30 Dicembre 2015
di Alberto Leiss

images-3 Pubblicato sul manifesto il 29 dicembre 2015 –

Il settimo episodio della grande saga di Star Wars ha già conquistato il record di un miliardo di dollari. Non sappiamo però se la forza si risveglierà anche in noi. Intendo ovviamente la forza positiva ispirata dalla luce, non quella del “lato oscuro” che muove i cattivi del lungo racconto che ci accompagna dal lontano ’77.
A giudicare dalla trama del film abbiamo molte maggiori possibilità di riconoscere la forza positiva, di cui avremmo tanto bisogno, se siamo donne. Nel caso fossimo maschi, il problema si complicherebbe in modo serio.
So che aprendo questo discorso rischio di incorrere nei sarcasmi digitali del mio amico Stefano Bocconetti: ma che ci posso fare se questo è lo spirito del tempo, e se lo colgono gli autori dei grandi prodotti dell’immaginario globale?
Infatti la giovanissima Rey, cercatrice di rottami galattici, si scopre rapidamente abilissima nell’uso del potere positivo che l’energia luminosa le dona. Nel confronto cruciale con il cattivissimo e debosciato giovane Kylo Ren (alias Ben Solo, figlio del famoso Han, e di Leia, e quindi anche lui toccato dalla forza, ma virata al lato oscuro) sarà la ragazza a leggere e a svelare la paura profonda che scombussola l’uomo molto potente che la imprigiona e la minaccia.
Ho capito che esiste un “politicamente corretto” che induce a non produrre spoiler, cioè anticipazioni dei fatti salienti del racconto che toglierebbero il gusto della scoperta agli spettatori ritardatari. (E la casa produttrice ha esercitato ogni sorta di pressioni sui critici e i media perché la trama non trapelasse prima dell’uscita nelle sale).
Cerco di adeguarmi (anche se ho scoperto che tutto è raccontato per filo e per segno su wikipedia…) limitandomi a constatare che i personaggi maschili – con l’eccezione di Finn, il soldato dell’Armata Cattiva che diserta e poi si impegna nella Resistenza Buona, ma più per amore di Rey che per convinzione politica) – sono tutti più o meno disastrosi.
Lo Jedi Luke Skywalker si è ritirato eremiticamente in un pianeta introvabile perché non riesce a educare nuovi Jedi. Han Solo si rivela alla distanza come un compagno e padre inattendibile, tanto che il figlio è cresciuto che peggio non si può. E questi sono i migliori. Gli altri sono orribili nazistoidi dotati di una super arma tremenda, che succhia il sole per distruggere i pianeti della Repubblica (buona).
Ma lo snodo più tragicamente simbolico è la gabbia del complesso di Edipo che ancora imprigiona le relazioni maschili. Era già il centro del racconto nel rapporto tra Luke e il padre Anakin, in arte Darth Vader. Ma ora la cosa diventa ancora più devastante.
Insomma, non sembra esserci rimedio alla crisi dell’autorità maschile. E infatti oltre alle abilità – techiche e etiche – della giovane Rey e al sicuro comando della generalessa Leia a capo della Resistenza, la saggezza profetica è impersonata da un’altra donna, la piccola vecchia maga Maz Kanata. Apprendiamo che il regista J.J. Abrams ha modellato il personaggio su una donna reale, l’insegnante, famosa in America, Rose Gilbert, che era stata anche sua maestra, e che ha tenuto lezione a Los Angeles fino a 94 anni, poco prima di morire, alla vigilia della lavorazione del film. Del resto la stessa Rey, l’attrice Daisy Ridley, ha raccontato che nella vita reale usava sino a poco tempo fa la forza per servire birra nei pub, cercando contemporaneamente di farsi strada nel mondo dello spettacolo.
A un certo punto Han Solo lo ammette: le donne “sanno sempre la verità”. A noi – maschi – non resta che sperare nei due prossimi sequel.

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