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Sinodo, una lezione di maestria politica

1 Novembre 2015
di Bia Sarasini

images-8Discernimento, cioè procedere caso per caso, detto in parole semplici. Con questa parola-guida la Relatio finale del Sinodo 2015 riesce a navigare tra posizioni spesso lontanissime, e per questo è stata votata, anche nei punti più controversi, da più dei due terzi dell’assemblea. Cioè a essere approvata in tutte le sue parti, cosa che non era successo nel sinodo straordinario del 2014.  SI potrebbe parlare di un compromesso straordinario, di una miracolosa quadratura del cerchio, visti «i metodi non del tutto benevoli», come ha detto papa Francesco nel discorso conclusivo, dopo le votazioni, con cui si sono espresse le opinioni diverse. Non so se compromesso è la parola più adatta. Di certo una lezione di maestria politica, applicata al terreno più proprio alla Chiesa, quello delle immagini, del simbolico.

Che cosa è infatti il discernimento se non una virtù esercitata da una mente ben coltivata, ben addestrata, come è di un gesuita che è stato educato negli esercizi messi a punto da Ignazio di Loyola? Lo ha ricordato con qualche malizia, facendo esplicito riferimento al gesuita papa Francesco, il cardinale di Vienna Christoph Schönborn nel briefing mattutino di ieri. Discernere vuol dire, in questo documento che i padri sinodali offrono al papa perché ne ricavi un suo indirizzo, che una volta stabiliti i principi, bisogna guardare le situazioni. Come dice il paragrafo 85 della Relatio, il meno votato, ha avuto solo 178 voti favorevoli e 80 contrari, essendo la maggioranza qualificata necessaria di 177, su 265 votanti. «I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo»: chiedono i vescovi. Insomma, secondo uno schema a cui papa Francesco ci ha abituato, e che la Chiesa nel suo insieme sembra intenzionata ad adottare, è la realtà che impone un ripensamento, che invita a valutare situazione per situazione.

E se si può certamente dire che la cura della realtà fa bene, che lo sguardo sul mondo contemporaneo non si nasconde quello che succede e che, come hanno ripetuto in queste tre settimane i padri sinodali, “incontrarsi e ascoltarsi è stata un’esperienza che ci ha cambiato”, pure non si possono tacere le durezze rimaste.

Non penso all’atteggiamento verso l’omosessualità in quanto tale, che in effetti non viene affrontata, se non nella descrizione della vita familiare, e dell’accoglienza e del rispetto alle persone. Penso ad alcune affermazioni contenute nella prima parte della Relatio, che non sono state cambiate. Per esempio la “crescita della mentalità contraccettiva e abortista”, oppure “una certa visione del femminismo, che denuncia la maternità come un pretesto per lo sfruttamento della donna e un ostacolo alla sua piena realizzazione”. Ma il punto che mantiene tutta la sua carica aggressiva, non equilibrata da nessuna elemento di realtà, o ricorso al “foro interiore”, è il tema “ideologia del gender, che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna”. Una posizione che continuerà a fomentare paure, angosce e vere e proprie aggressioni. Stupisce, in un testo che si incardina sulla meravigliosa virtù della comprensione e della misericordia, il perpetuarsi di una costruzione fantasmatica.

C’è da pensare che il compromesso, che introduce vere aperture nella pratica pastorale e sicuramente sarà di conforto per molti credenti, abbia bisogno di mantenere distinzioni dalla mondanità contemporanea. Un esempio di scarso discernimento.

 

SINODO, LA REALTA’ DEI PADRI

pubblicato sul manifesto il 5 ottobre 2015

Quali risultati ci si può aspettare dal sinodo che si è aperto ieri? Il Papa nel suo discorso ha ricordato che il Sinodo non è un parlamento, cioè che non si devono cercare compromessi a tutti i costi. In effetti non sarà facile. La relatio che sistematizza il massiccio Istrumentum laboris, il testo che raccoglie tutto il materiale, propende verso una centralità moderata. Non si cambia nulla, o quasi, e si punta tutto sulla conferma della dottrina, la conversione personale, e molta umanità. Non molto promettente, per le tante attese. Il cardinale, che ha presentato la Relatio, lo ha confermato con sottile ironia, in conferenza stampa, rispondendo a una domanda riguardo la dottrina sui divorziati. Viene ribadita quella classica, nella relatio, «ma non è un messaggio, è quasi un risultato matematico». Perchè, ha argomentato, nella maggioranza del materiale pervenuto ed esaminato, quella è la posizione sostenuta.

Ancora. L’anno scorso i media hanno raccontato il sinodo come lo scontro tra due partiti, conservatori e progressisti. Non è vero, ha detto soavemente il cardinale Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo «dall’interno non lo viviamo così». Eppure proprio lui è stato protagonista in sala stampa di precisazioni nette, quando l’arcivescovo di Parigi, il cardinale di Parigi Vingt-Trois, uno dei presidenti delegati, ha detto seccamente che «se siete venuti per assistere a un cambiamento spettacolare, avete sbagliato. La dottrina della Chiesa non cambia». A quel punto Forte ha aggiunto: «Ma il Sinodo non si riunisce per non dire nulla. Non è dottrinale, è pastorale. Il mondo cambia, anche la Chiesa deve cambiare». Uno scontro, o si potrebbe dire con carità cristiana una differenza che si è ripetuta poco dopo. A una domanda molto diretta posta da un giornalista irlandese, su come pensano loro, i padri sinodali, di poter parlare di qualcosa che non conoscono nell’età adulta, la vita di famiglia, il cardinale Vingt Trois ha risposto tagliente. Non si tratta solo della comune essenza umana, ha detto, ma del fatto che loro – i vescovi, si immagina – non sono i portavoce degli individui che vivono nella Chiesa, loro sono portavoce della parola di Dio. Il cardinale Forte ha ricordato invece l’esperienza pastorale, la prossimità, la vicinanza agli umani come vera fonte di conoscenza. Per una Chiesa accogliente. Questo è il punto. Riuscirà il Sinodo a dare strumenti a questa Chiesa, per essere meno distante e lontana dalla vita quotidiana? O rimarrà aperto il conflitto tra queste visioni diverse, senza che si trovi una strada? Un aspetto interessante si è sentito dal Cardinale Erdo, quando, ha posto il tema centrale: la sfiducia nelle istituzioni in tutto il mondo, a cominciare dalla famiglia, come risulta dal materiale esaminato, e non si è soffermato su ragioni morali, corruzione dei costumi. Ma ha citato guerre, crisi economica, necessità di lavoro, spostamenti di popolazioni. Il punto è qui. La realtà, la vita quotidiana. La grande forza di Francesco

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