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Differenza in movimento

11 Giugno 2015

imagesdi Letizia Paolozzi –

Lei è una transessuale che ha ottenuto il riconoscimento del cambio di sesso in Argentina; lui è un ragazzo italiano. I due si sono sposati nel Paese latino-americano. Adesso, la Corte d’Appello di Milano ha ordinato la trascrizione del matrimonio: la trans va considerata a tutti gli effetti persona di sesso femminile.
Sentenza “storica”, sicuramente. Ma in questione non c’è solo il diritto. Bensì la psicoanalisi freudiana, la domanda sull’origine, il mito degli esseri umani uniti prima che Zeus li separasse. Un agitarsi di categorie morali, religiose, culturali.
D’altronde, quando osservi la differenza sessuale, capisci che non è solo affare di identità e di ruoli. Qui, la sopravvivenza del patriarcato ti si mostra mescolata alle patologie della modernità, agli eccessi di una finta libertà. Comunque, secondo voi è preferibile il divieto di Putin della propaganda lgbt di fronte ai minorenni?
Capisco che mettere in discussione il destino anatomico e sottrarre il corpo alla gabbia dell’anatomia provochi molte complicazioni. Potete seguirle, queste complicazioni in Trasparent (martedì su Sky Atlantic HD alle 21,10), webserie americana che punta al gioco di parole tra l’aggettivo trasparente e trans parent (genitore trans).
La regista, Jill Soloway, si è ispirata alla vita del padre, psicoanalista, per raccontare di una famiglia dove genitori e figli (che “non riescono a vedere al di là di se stessi”) si vogliono bene, ma non sanno “come finirà” la transizione di un uomo di quasi settant’anni, Mort che vuole diventare Maura.
Grande successo decretato alla serie che ha “aiutato” Bruce-Caitlyn Jenner nella sua decisione. Se ne preparano altre sullo stesso tema (ma poi qual è il tema: il cambiamento di sesso oppure la fine del nascondimento?)
E un filo lega Trasparent alla foto in copertina su Vanity Fair America. Capelli lunghi ondulati, sguardo in tralice, sorriso appena accennato, torace largo, bicipiti forti, tette sottolineate dalla guepière di raso avorio, “Call me Caitlyn” fino a qualche tempo prima, era Bruce (Jenner).
Ex atleta, campione olimpico nel decathlon alle Olimpiadi di Montreal del ’76, patrigno di Kim Kardashian, potente attrice televisiva lanciata da complicate vicende di video porno amatoriali.
Nella foto di Annie Leibovitz (compagna di Susan Sontag fino alla morte della scrittrice, tre figlie, due avute con maternità surrogata, la terza – immagino – pure, a 51 anni), la sessantacinquenne Caitlyn è una donna con addosso – in eccesso – i segni del femminile. D’altronde, Leibovitz aveva già distribuito pugni nello stomaco. Per esempio, con Demi Moore incinta, nuda.
Anche Bradley Edward Manning, secondo alcuni un eroe, secondo altri un traditore, analista d’intelligence, condannato a 35 anni di carcere per aver trafugato decine di documenti passati a WikiLeaks che riguardavano l’omicidio di civili disarmati da parte dell’esercito americano durante la guerra in Iraq, dopo il cambio di sesso ha deciso: Chiamatemi Chelsea Elizabeth Manning.
Dite che queste storie vi “fanno impressione”; che non frequentate locali per drag queen, non avete amici (amiche) trans gender, che non vi convincono i mascheramenti?
Dovreste sapere che la differenza sessuale non sta ferma.
Quanto all’affabulare mediatico, al sensazionalismo esasperato del “Call me Caitlyn”, capisco che possano infastidire. Però il racconto, mentre tratta di esistenze privilegiate, aiuta quelli che privilegiati non sono, che non hanno assistenza sanitaria, cure mediche e sbattono la testa conto il muro per la disperazione.
In effetti, gli applausi di Obama al cambiamento di Caitlyn Jenner, l’esaltazione del “coraggio” vanno in questa direzione. Resta un problema. Abbiamo finora citato il passaggio, la trasformazione, il cambiamento di uomini in donne. Sono loro a sostenere di essere chiusi “in un corpo sbagliato”. Spiegano i medici che l’operazione dal maschile al femminile è meno complicata. Benché la transizione sia un concentrato di sofferenze. Io non mi azzardo a sostenere che qui agisce la solita retorica, il narcisismo, lo smisurato ego maschile. Certo, la spiegazione scientifica non basta.

Letizia Paolozzi

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