Conoscete Matteo Renzi? Certo che sì, dato che se ne parla con paginate di chiose, commenti, ricami, cesellature sul carattere, la vanità, l’ambizione, la lealtà, l’infingardaggine, la capacità di fiutare il vento, i selfie, i tweet, il jogging, le secchiate di ghiaccio sulla testa per ricordare (a chi, poi, se non al governo?) che esistono i malati di Sla.
Matteo Renzi, l’uomo del centrosinistra capace di comunicare. A riprova, sempre che accendiate la televisione, c’è l’audience nei talk show, nei programmi nazionalpopolari.
Secondo me, l’attuale premier batte il Berlusconi dei tempi d’oro.
Un boom che ha un numero grande di motivazioni. Non deriva solo dallo stupore, dalla cortigianeria dei media. Il renzismo è un guazzabuglio dove finisce – anche – il rancore degli italiani.
Citiamo, alla rinfusa: paura per via della crisi; futuro grigio piombo; formule dell’austerità rivelatesi disastrose. Arriva l’energico giovanotto: ”Vedrai che ce la facciamo”. Tu prendi la canzone della Vanoni “Proviamo anche con Dio, non si sa mai”; sostituisci il nome di Colui che non deve essere nominato invano con quello dell’ex sindaco di Firenze e supponi che sì, forse il renzismo produrrà il miracolo.
Naturalmente, ci sono anche quelli che non se la bevono. Che non si lasciano conquistare dal boy-scout, pifferaio magico, venditore di fumo. Matteo Renzi protagonista del cinegiornale Cgil, parodia dei notiziari di epoca fascista dal titolo “l’Italia cambia verso” non sarà un po’ esagerato?
Sì, lo sappiamo. La girandola di promesse del genere “Ci metto la faccia”, apre la strada alle smentite. Ricordate il famoso hashtag “Enrico, stai sereno” al quale seguì secca dimostrazione, nel giro di quarantotto ore, che il premier di allora sereno non avrebbe dovuto stare?
In effetti, Renzi si presenta come Speedy Gonzales con un programma da realizzare in quattro mesi. I giorni sono diventati mille. Quanto all’economia che non riparte, discende dalla mancanza di fiducia. Anzi, dagli errori dei passati governi che non hanno combinato un bel niente. Ora arriva un bonus di ottanta euro alle neo-mamme. C’è chi chiede, piuttosto, asili-nido. Ma una cosa potrebbe non escludere l’altra e comunque, mi sa che mia nuora quei soldi “pochi, maledetti e subito” non li rifiuterà.
Lingua veloce, assertiva, il premier non ammette discussioni. Picchia di qua e picchia di là: corpi intermedi, sindacati, burocrati, regioni, enti locali. D’improvviso, anche i renziani più fedeli (Fassino, Chiamparino) vengono maltrattati mentre le opposizioni interne al Pd sembrano disorientate e non riescono a uscire dall’angolo.
Di fronte alle obiezioni, il capo del governo usa ripartire (come il suo Inner circle) dal buon risultato delle elezioni europee. Uno/una può anche irritarsi per il refrain sullo “straordinario quarantuno per cento” ma, alla fine, i falchi del Nord, Frau Merkel, i rigoristi di Bruxelles dovranno tenerne conto. Ora, si aggiunge la lettera di Barroso resa pubblica dal premier italiano in nome della “trasparenza” dell’ Europa e questo, immagino, darà soddisfazione a tanti. Non importa se il gatto sia rosso o nero, purché prenda il topo. Cioè allontani lo spettro del Fiscal Compact.
Arriviamo alla vicenda del Pd: contenitore, comitato elettorale, partito della nazione? Oppure, partito all’americana, sogno dei liberal. Non so quanti siano disposti a immolarsi per la sopravvivenza delle tessere.
Piuttosto, davanti all’“effetto Renzi”, si aprono spazi proprio e soprattutto per chi non ci si trova a suo agio. Per chi è convinto che non siano sufficienti le pratiche politiche sperimentate finora. Bisogna ragionare su una diversa idea della politica dato che questa si è inceppata. Perché non provarci?