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Andare oltre la violenza maschile

25 Novembre 2013
di Alberto Leiss

Oggi, 25 novembre, è la giornata internazionale contro la violenza degli uomini contro le donne. Se ne discute molto. Le iniziative pubbliche si moltiplicano. La recente legge, criticata da molte donne e anche da uomini, ha però contribuito alla riflessione collettiva: oltre alle norme repressive e alla logica emergenziale, prevede un impegno e qualche fondo anche per la prevenzione e la formazione.
Il fatto per me positivo è che sempre più uomini sentono l’esigenza di “metterci la faccia”, di prendere anche la parola, finalmente più consapevoli di una verità elementare ma per anni, per secoli, rimossa: siamo noi maschi a esercitare queste violenze, dobbiamo agire prima di tutto noi per il cambiamento.
Un cambiamento che dovrebbe investire le categorie culturali del patriarcato, la gestione del potere, le relazioni tra uomini e donne, gli stessi assetti sociali basati su molte diverse forme di violenza, per lo più esercitate e legittimate da comportamenti e codici simbolici maschili.
Segnalo qui solo due cose:
un gruppo di uomini, di cui faccio parte, ha provato a scrivere un testo per contribuire a questo “andare oltre” la violenza, per superarla partendo dalle radici culturali e politico-simboliche che la costituiscono, e dall’emergere di nuovi desideri maschili. Il documento è pubblicato sul sito www.maschilepluale.it, e lo riproduco anche qui sotto.
Un’altra occasione importante di confronto con questo approccio è stato il convegno di Parma “Disonorare la violenza”. Ne ha già scritto su DeA Letizia Paolozzi. Un ampio resoconto è stato scritto da Marina Terragni sul suo blog. Il confronto continua.

Andare oltre la violenza. I desideri degli uomini, la politica, la vita

Questo testo è nato dagli scambi che hanno preceduto, accompagnato e seguito l’incontro nazionale promosso dall’associazione Maschileplurale nel marzo 2013 a Roma “Mio fratello è figlio unico. Cosa cambia se cambiano i desideri degli uomini?”. Lo hanno scritto e sottoscritto per ora uomini che partecipano alla rete di Maschileplurale, ma le adesioni sono individuali e il testo è aperto a tutti gli uomini che lo vorranno condividere. Intende essere un contributo all’ulteriore approfondimento dei temi affrontati con altri uomini, con le donne, con persone che si riconoscono in diverse identità sessuali. E’ pubblicato su www.maschileplurale.it. Si può aderire e contribuire scrivendo all’indirizzo: [email protected]

Vogliamo costruire una politica che parta dal nostro desiderio di cambiamento come uomini.
Nel 2006 alcuni di noi, in un testo-appello apparso in rete e su alcuni giornali nazionali, hanno affermato che la violenza contro le donne, oltre ad essere una tragedia quotidiana, è un fenomeno che interroga soprattutto gli uomini, visto che da uomini viene compiuta. Centinaia di altri uomini hanno aderito all’appello e si sono detti d’accordo sulla necessità di cominciare a farsi realmente carico del problema, andando oltre le consuete e ormai logore espressioni di solidarietà con le vittime e di condanna verso i colpevoli.

Qualcosa è cambiato? E’ il momento di tentare un altro passo? Crediamo di sì.

Il rifiuto sempre più diffuso della violenza è uno dei molti segnali della rivoluzione femminile che da decenni sta trasformando il mondo. Oggi, in Italia, anche i media, il Parlamento e il Governo intervengono, ma prevale ancora una volta la logica della repressione e dell’emergenza, che continua a considerare le donne come soggetti deboli e bisognosi di tutela.

In questi anni, sul tema della violenza, abbiamo partecipato a molti incontri, iniziative e riflessioni, sia tra uomini che in numerose esperienze comuni con donne. Abbiamo imparato a lavorare su noi stessi e questo ci ha permesso anche di confrontarci con altri uomini, talvolta anche con autori di violenze.

Abbiamo dunque capito che per lasciarsi la violenza alle spalle occorre andare oltre. Oltre la riduzione di questo dramma a rassicurante eccezione patologica e criminale. Oltre l’idea di una originaria oscura “natura maschile”, da disciplinare e contenere. E vedere invece il legame tra la violenza quotidiana e una cultura radicata che spaccia per “naturale” il dominio del soggetto maschile, presentato come neutro e universale, sul resto dell’umanità, cioè donne, omosessuali, appartenenti a presunte “razze” inferiori, devianti sociali. Una cultura che da secoli garantisce a chi nasce maschio innumerevoli vantaggi e privilegi a patto che si rinchiuda in ruoli, attribuzioni e aspettative rigidamente e perfino violentemente predefinite.
Noi sentiamo che questi vantaggi e privilegi (ormai svelati e messi in discussione ma anche capaci di reinventarsi) sono in realtà delle gabbie che imprigionano i nostri desideri e sentimenti più profondi, creando insoddisfazione e sofferenza. Una sofferenza inflitta e autoinflitta che occorre riconoscere e sciogliere.

Non vogliamo proporre un’analisi astratta e impersonale del cambiamento della relazione tra i sessi, bensì parlare dei nostri desideri e sentimenti; delle nostre fragilità e contraddizioni; del nostro desiderio di libertà e di una diversa qualità delle relazioni nella nostra vita. Vogliamo parlare del tentativo di essere, per quanto sia possibile, noi stessi, senza più dover dimostrare a nessuno di essere “davvero uomini”, uomini nell’unico modo che una legge invisibile prevede.

Oggi finalmente vediamo crescere il numero di uomini che condividono questi sentimenti e desideri, sicuramente più di quanto non emerga dal discorso pubblico e mediatico prevalente. La scommessa è che nuove parole maschili possano raccontare questa trasformazione già in atto come un fatto collettivo, visibile, coinvolgente anche per altri uomini.

Questo desiderio di cambiamento lo riconosciamo nei giovani padri che scelgono di aver cura dei propri figli, prendendosi il tempo, in una relazione di scambio, per quanto difficile e talvolta conflittuale, con le loro compagne di vita. Così come lo riconosciamo in chi rigetta le logiche gerarchiche nei luoghi di lavoro e vorrebbe superare dinamiche competitive assurde, che contrastano con il senso delle nostre vite e rimuovono il significato di che cosa e per chi si produce, si insegna, si offre un servizio al pubblico.
Nel nostro percorso abbiamo incontrato nuovi modi di intendere la politica, di stare dentro i movimenti o nelle associazioni; e abbiamo percepito l’insofferenza crescente verso le forme tradizionali del potere maschile, come per esempio il sistema dei partiti e della rappresentanza, sempre più incapace di produrre una politica vicina all’esperienza quotidiana di uomini e donne.

E se allarghiamo lo sguardo al mondo, vediamo un potere politico ed economico ingiusto e aggressivo, sempre sull’orlo di una nuova guerra nonostante il clamoroso fallimento di un decennio di avventure belliche, sostenute nel nome di diritti umani o di diritti delle donne, quasi ovunque negati, invece, proprio dalla violenza delle armi.
La ricerca di una politica partecipata, centrata sul confronto tra persone e fondata sull’ascolto delle nostre esistenze nella loro concretezza e complessità, può forse dare forma a una cultura che non militarizzi i conflitti e non cancelli le differenze.

Sempre più donne e uomini, inoltre, mettono in discussione il mito della crescita quantitativa e illimitata, nonché la distruttività di un’economia fondata sull’accumulazione e sul consumismo. Anche su questo versante assistiamo al diffondersi di esperienze di economie alternative e solidali che, a partire dal proprio quotidiano, dal mutamento di stili di vita e dall’invenzione di forme di relazione e di percorsi di cambiamento, testimoniano la ricerca di un diverso rapporto con l’alterità e con l’ambiente in cui viviamo; un rapporto segnato finalmente dal senso del limite e allo stesso tempo dal senso di responsabilità e di cura.
Sono tutte esperienze feconde e promettenti, e noi vorremmo esplicitare sempre di più la connessione fra queste istanze e la sfida di costruire insieme una nuova civiltà tra uomini e donne, in cui le relazioni siano in grado di generare autorevolezza e libertà nella vita delle persone, nella politica e nella cultura.

Viviamo nel tempo in cui le donne affermano sempre di più e ovunque la propria libertà. E’ un mutamento radicale, profondo, che cambia le vite di tutti. Per gli uomini non è facile riconoscerlo e accettarlo pienamente, forse perché può causare disagio, paura e rancore. Ricevere dei “no” o essere lasciati, per esempio, è per molti uomini ancora un’esperienza insostenibile, che può determinare il ricorso alla violenza: contro le compagne o ex-compagne, ma anche contro figli e figlie, a volte anche contro se stessi.
Noi conosciamo, almeno in parte, le dinamiche di questo disagio e di questa disperazione. E pensiamo che sia possibile reagire, vivendo e mettendo in gioco un desiderio costruttivo, capace di alimentarsi nel riconoscimento della differenza tra uomini e donne.

L’originaria angoscia maschile, legata anche al fatto di avere un corpo che non può generare, è stata fonte di insicurezza e paura, e ha prodotto ansie di controllo del corpo altrui. Tracce di quell’angoscia le ritroviamo nella sessualità, pensata e vissuta, nella cultura del dominio maschile, come strumento di controllo delle donne e di negazione dei diversi orientamenti sessuali. Questo ha schiacciato la nostra sessualità nell’ansia della prestazione, della verifica di una virilità associata al dominio, e ha ristretto la nostra socialità nella percezione del corpo maschile come minaccia, oltre che nell’ansia omofoba.
Incontrare la libertà e l’autonomia femminile ci mette di fronte al nostro limite e alla nostra parzialità. Quest’esperienza, invece di essere motivo di frustrazione, può dare inizio alla ricerca di una relazione libera, di uno scambio sessuale e affettivo nella differenza. Si tratta, per noi, di seguire un’altra idea di felicità, liberando la nostra capacità di cura e il piacere dell’incontro, mettendoci in gioco fino in fondo nella relazione con l’altro/a.

Per tutte queste ragioni, vorremmo che si aprisse una discussione ampia e profonda sul nostro essere uomini e sul nostro essere in relazione con le donne, a tutti i livelli: nella politica, nei media e negli spazi in cui si forma l’opinione pubblica, nelle scuole e nelle università, nelle organizzazioni e associazioni di ogni tipo.
Vorremmo condividere e far crescere questa discussione confrontandoci con le donne, come da anni molti di noi già fanno, ma soprattutto fra noi uomini, dal momento che sono in gioco la nostra vita, il nostro desiderio e la nostra stessa libertà.

Nuove adesioni e contributi scrivendo al’indirizzo: [email protected]

Daniele Barbieri (Imola)
Sandro Bellassai (Bologna)
Antonio Canova
Sandro Casanova (Bologna)
Raffaele Carlucci (Bari)
Vito Carnimeo (Bari)
Marco Cazzaniga (Spinea – Venezia)
Stefano Ciccone (Roma)
Andrea de Giacomo (Napoli)
Nino De Giosa (Bari)
Marco Deriu (Parma)
Mario Gritti (Brescia)
Orazio Leggiero ( Monopoli – Bari)
Alberto Leiss (Roma)
Gabriele Lenzi (Livorno)
Gabriele Lessi (Livorno)
Massimiliano Luppino (Roma)
Jones Mannino (Roma)
Giacomo Mambriani (Parma)
Domenico Matarrozzo (Torino)
Alessio Miceli (Milano)
Beppe Pavan (Pinerolo)
Giampaolo Petrucci (Bari)
Jacopo Piampiani (Livorno)
Roberto Poggi (Torino)
Michele Poli (Ferrara)
Claudio Tognonato (Roma)
Claudio Vedovati (Roma)
Danilo Villa (Uboldo – Varese)

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