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Ribelli per essere suore (e accogliere bimbi)

30 Maggio 2013

Un’amica ci segnala questo articolo di Benedetta Argentieri sul Corriere online: una sorta di “storia a rovescio” di libertà femminile.

C’è un luogo molto speciale a 30 chilometri da Atene. Cinque case nascoste tra le montagne e il mare. Un piccolo villaggio che per quasi cinquant’anni ha accolto tutti i bambini senza una casa. Senza genitori oppure troppo poveri per avere un’esistenza decente. Abbandonati. In trecento sono cresciuti in questo orfanotrofio con l’amore e con le cure di sei donne “straordinarie”. E che a loro volta sono fuggite dalle loro famiglie,  sfidato le forze dell’ordine e persino la chiesa ortodossa.

La regista americana (trapiantata in Grecia) Valerie Kontakos che ha deciso di fare un documentario sulla loro storia, non esita a chiamarle “femministe”. Sì, perché loro «sono andate contro tutti per fondare un loro ordine religioso e prendersi cura dei più piccoli».

Ce l’hanno fatta senza «finanziamenti dallo Stato» e sono andate avanti solo «con aiuti da privati». Kontakos ha scoperto  il Lyrio Children’s Village per caso «attraverso alcuni amici». E dopo averlo visitato è rimasta incantata. Affascinata. E in questo momento di crisi economica «anche loro hanno bisogno di farsi conoscere per raccogliere fondi». Così ha aperto una piattaforma di crowdfounding e in pochi mesi ha superato il suo obiettivo (45mila dollari), raccogliendo quasi 65mila euro.

Mana (che in greco vuol dire mamma) vuole raccontare una storia cominciata nel 1962. Sei ragazze di 20 anni, sei amiche scappano di casa dallo stesso villaggio. «Vogliono diventare suore, ma fondando un loro ordine per prendersi cura dei bambini delle altre». A quell’epoca, anche per prendere i voti, bisognava avere 21 anni o almeno i permessi dei genitori. Ma le famiglie si oppongono. Loro spariscono. Così cominciano le ricerche. I giornali non parlano d’altro che di questa «gang» di giovani donne. E la polizia le trova. Tutte vengono rinchiuse dai parenti, confinate nelle loro stanze, fino a quando riescono a scappare di nuovo. E per tre anni rimangono nascoste. Lì, dove oggi sorge l’orfanotrofio.

«Hanno lavorato tantissimo. Non hanno chiesto nulla a nessuno. L’indipendenza prima di tutto. E passo dopo passo sono diventate un punto di riferimento per tutto la Grecia». Anche perché il loro metodo è molto diverso da quello usato dalle istituzioni. «Quando un bambino viene affidato a loro, cercano se ha fratelli in altri istituti per poter fare un ricongiungimento. I ragazzi non devono lasciare le loro case a 18 anni. Possono scegliere di rimanere, in un’altra casa». Ora a gestire questo «villaggio di bambini» sono quattro. «Una è morta. L’altra lavora  in una casa che accoglie donne vedove. In grecia se tuo marito è morto puoi avere molte difficioltà». Suor  Maria, Dorothea, Parthenia e Kaliniki  continuano a stare lì, in quelle cinque case sulla montagna proprio davanti al Mar Egeo.

Corriere online 28 maggio 2013

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