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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Dieci piccoli (saggi) maschi anziani

1 Aprile 2013
di Alberto Leiss

Una mia amica femminista ha reagito così: “sai che c’è, sono proprio contenta che nessuna donna sia stata nominata tra questi cosiddetti saggi. E’ una mediocre faccenda tutta loro…”. Era inevitabile il coro di critiche alla scelta monosex di Giorgio Napolitano.  Molte donne hanno protestato (da Emma Bonino a Marina Terragni, Fulvia BandoliAngela Azzaro, alle esponenti di Snoq e di altre forze parlamentari) e qualcuna, come la giornalista politica del Corriere della Sera  Maria Teresa Meli, ha aggiunto: “A questo punto c’è un’unica cosa che potrebbe essere persino peggiore di questa assenza: se si pensasse di aggiungere a posteriori una rappresentante femminile. Se accadesse, chiunque sia la donna alla quale viene fatta l’offerta, una prece: rifiuti”.

Anche qualche uomo ha fatto sentire la sua voce: Michele Serra nella sua rubrica “L’Amaca” si è rivolto “al più rispettabile e rispettato dei maschi anziani” per chiedergli, “da maschio anziano” se era “proprio obbligatorio scegliere solo maschi anziani?”.  Nella rete molti commenti simili: cito solo quello di Claudio Magnabosco e Isoke Aikpitanyi  (“scegliendo come saggi soltanto uomini Lei ci ha offesi tutti”).

Anch’io sono rimasto colpito da una decisione che ormai va contro – come si vede, e come ha dimostrato anche il voto che ha portato tante donne e tanti giovani in Parlamento – un senso comune diffuso, e che contraddice anche la sensibilità più volte dimostrata sul tema dallo stesso Napolitano.

Ho reagito però con un certo sconforto all’idea di ripetere una protesta e una critica già tante volte sollevata negli anni rispetto a situazioni simili. Mi sono fatto piuttosto la domanda: perché questa scelta da parte di un uomo avvertito, e anche prudente, come Napolitano? Distrazione, stanchezza, rassegnazione verso una realtà politica e istituzionale comunque tuttora pervasa nei luoghi apicali dalla presenza maschile?

O non piuttosto proprio l’ammissione, più o meno consapevole, che specificamente maschile è il problema del fallimento della politica dei partiti, e che quindi sono dei maschi a dover essere quasi costretti, in extremis, a trovare una soluzione?

La scelta dei nomi, a ben vedere, rispecchia il rigore istituzionale e i desideri politici del Presidente: Napolitano non ha convocato intellettuali e esperti fuori dalle istituzioni, ma persone responsabili (o ex responsabili) di pezzi importanti del sistema statale (Istat, Antitrust, Banca d’Italia, Corte Costituzionale) o esponenti del mondo politico parlamentare (i presidenti delle commissioni parlamentari appena insediate che si occupano di economia, esperti di partito che si sono distinti nella ricerca di posizioni comuni sulle riforme).

Insomma dieci maschi che dovrebbero saper dire agli altri maschi a capo delle varie fazioni in lizza (Bersani, Berlusconi, Grillo, Monti ecc.) che un accordo tra bravi fratelli per il superiore bene comune del paese è alla fine possibile.

Forse il lapsus presidenziale avrà l’effetto di una utile provocazione. Si inserisce in una singolare costellazione di segnali linguistici e simbolici che vanno tutti nella stessa direzione. L’inaudita visione dei due Papi che pregano insieme e si scambiano gesti di affetto fraterno. Scalfari che ripubblica un suo vecchio articolo sull’assenza del padre, causa della logica “del branco” nella società e nella politica, e che giunge a dire che se un donna fosse finalmente eletta alla presidenza della Repubblica, dovrebbe comunque manifestare doti “paterne”(!).  Grillo che maledice i “padri puttanieri” che hanno rovinato una generazione. Il raffinato Battiato che si abbandona a volgari turpiloqui sessisti (e ci rimette l’assessorato).  Autorevoli magistrati, campioni della lotta alla mafia, che sulla scena politica si accusano reciprocamente in modo feroce.

Tutto ormai congiura a identificare quotidianamente l’enorme e imbarazzante “questione maschile” che si presenta sempre di più come una delle maggiori cause, se non la maggiore causa, delle troppe cose che non vanno nell’economia, nella politica e in tutti i luoghi in cui ai vertici ci siamo noi uomini (giornali, Università, Chiesa e altro ancora..).

Le donne da molti decenni dicono e fanno cose che avrebbero dovuto stimolarci a cambiare strada.  Con gli amici di Maschileplurale nel convegno “Mio fratello è figlio unico. Cosa cambia se cambiano i desideri degli uomini?” abbiamo provato a lanciare una scommessa: i desideri degli uomini stanno già cambiando nella vita di tutti i giorni. Il punto è che trovino finalmente la forza di una consapevole espressione politica.

E la prima cosa da cambiare è proprio la radice di ogni azione politica e di ogni costruzione di autorevolezza politica: la qualità delle relazioni tra uomini e tra uomini e donne.

Una cosa che va detta anche agli uomini (e alle donne) del MoVimento 5 stelle.  Chi ha votato per Grillo aveva e ha molte buone ragioni: ma una nuova politica non nascerà dalla ideologia (vedicaso annunciata dalla coppia maschile Grillo-Casaleggio) della rete che risolve magicamente ogni problema democratico.  Rimuovendo o limitando la complessità e la ricchezza degli scambi che possono avvenire solo tra le persone che si guardano negli occhi e si stringono la mano.

 

 

 

 

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