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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Un’altra Agenda è possibile

29 Dicembre 2012
di Letizia Paolozzi Alberto Leiss

A Mario Monti, il professore che si esprime come un robot capace di mimare lo humour anglosassone, una cosa è riuscita. Tutti parlano della sua “Agenda”. Spesso per criticarla – da destra (è troppo “statalista” secondo la ormai famosa coppia Alesina-Giavazzi) – e da sinistra (è troppo liberista e conservatrice, dicono con una gamma di accenti diversi Ingroia e Grillo,  Vendola e Fassina).  Berlusconi e Maroni (non si sa ancora se di nuovo alleati) scagliano anatemi. Bersani è più diplomatico: si può discutere, ma ci vogliono più “equità, lavoro, diritti”.

A noi quel testo ha colpito perché anche i buoni propositi (per esempio l’idea di un fisco più giusto di fronte ai ricchi patrimoni e a chi vive del solo salario) sono appannati , svuotati dalla mancanza di due cose. Non c’è alcun approfondimento critico sul perché la gestione del libero mercato abbia prodotto una tale catastrofe economica globale. E in generale non emerge un’anima nemmeno quando si parla di Europa, di giustizia, di lavoro. C’è un elenco di “cose da fare” – l’agenda, appunto – ma nessun riferimento ai soggetti, come si dice? in carne e ossa – che dovrebbero agire in una direzione piuttosto che in un’altra. In effetti per un signore che “sale in politica” e pretende di “cambiare gli italiani”, il risultato è –a esser generosi – deludente.

D’altronde, quando l’anima è – sempre cautamente – evocata, non infiamma certo i cuori. Il giovane Marx  rilanciava l’idea che il grado di civiltà a cui si è giunti si misura dalla condizione delle donne. Anche la qualità di un testo politico si giudica – specialmente oggi – dal modo con cui parla delle donne. Monti ne è in qualche modo consapevole, perché questo è l’unico passaggio del suo documento che evidenzia a margine, affermando che “il ruolo delle donne nella vita economica e sociale italiana merita una riflessione a parte”. In effetti, lo slancio femminile esiste ed è evidente. Ma la analisi dell’ex premier tecnico, ora “totus politicus” si riduce a un dato meramente quantitativo: se le donne avessero accesso adeguato al mercato del lavoro (al 60%, come prescrive il Trattato di Lisbona), il PIL italiano aumenterebbe del 7%.  Nonché le donne potrebbero tornare a ricoprire il loro ruolo di produttrici di figli. Benvengano, naturalmente, più servizi sociali, la detassazione per le assunzioni femminili, gli incentivi ai congedi parentali anche per i papà.

Ma si ignora completamente il potenziale di cambiamento radicale che la soggettività e la libertà femminile hanno aperto in questi decenni.  Una rimozione che per la verità accomuna diversamente un po’ tutti i soggetti politici, vecchi e nuovi, alla ribalta delle elezioni, sintomo di una politica della rappresentanza che fa molta fatica a rinnovarsi davvero.

L’agenda del professore giunge appunto a prescrivere un “cambio di mentalità e dei comportamenti” ma non sembra avvedersi di quanto già sia mutato nelle menti di molte e molti, e nelle stesse condizioni materiali di esistenza.  E’ venuta meno la tradizionale divisione tra pubblico e privato, tra vita e lavoro, tra attività di cura e attività produttiva.  E’ questo il tempo in cui attraverso diverse relazioni tra uomini e donne passa il riconoscimento del valore anche economico delle attività di cura, e del bisogno di immettere più cura nelle attività economiche. Dando un senso nuovo a ciò che si produce e si consuma: come, perché e per chi lo si fa. In quale rapporto con la natura e con la cultura, con il bene-essere che ognuno e ognuna di noi diversamente ricerca.

Da quest’ottica dipende anche il significato che si attribuisce a termini inflazionati come “merito” e “produttività”. Monti ha accusato di conservatorismo il sindacato, anzi la sola Cgil.  E’ vero che anche i sindacati – tutti – e non solo i partiti vivono una grave crisi, perché rappresentano sempre meno il vasto e differenziato universo del lavoro reale, e i suoi nessi con la vita.  Una condizione che non si risolverà certo indicando la via della Fiat di Marchionne.

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