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L’eros che c’è ma non si parla

30 Ottobre 2012
di Letizia Paolozzi

 La sessualità ha attraversato sin dagli inizi il pensiero occidentale. Negli anni del primo femminismo ci sarà, tra gli altri libri, “Speculum” di Luce Irigaray, a bucare il silenzio su “quel sesso che non è un sesso”.  Anche se “La/una donna mai si ri(n)chiude in un volume” (sempre Irigaray). Nemmeno la si può inchiodare al narcisismo, all’invidia del pene oppure all’incongrua antinomia: puttana/madonna.

Da tutto questo si è liberato il ragionare sulla sessualità che ha, piuttosto, tenuto conto delle relazioni, del corpo che comunica anche senza parlare ma con gli occhi, la pelle, i capelli, le mani (fino alla Body Art di una sacerdotessa come la performer Marina Abramovichoppure al topless del gruppo ucraino Femen, al punk delle Pussy Riot imprigionate in due colonie penali).

Sta qui la differenza tra maschi e femmine. Una differenza senza vincitori e vinti giacché sarebbe impossibile rovesciare una volta per tutte dominio, supremazia, ordine simbolico. Qualcosa sta cambiando ma ci sono ancora colpi di coda e colpi veri e propri: la violenza sulle donne non è finita e ha a che fare con la sessualità predatoria maschile.

D’altronde, in un mondo segnato dalla sessualità maschile, le nostre società dei consumi, con relativi spazi mediatici e pubblicitari, ci consegnano le “Cinquanta sfumature di grigio” mentre la giovane Ruby (sulla via di Damasco?) rinnega le cene di Arcore. No, lei sua figlia a quelle cene – Dio ne scampi – non la manderebbe. 

Alla fine, non solo Ruby ha deciso di tenere a distanza lo spettacolo patologico e seriale offerto dall’ex premier Berlusconi (peraltro seguito a stretto giro di posta dagli scenari libertini di Dominique Strauss-Kahn). Tuttavia, i potenti di ogni ordine e grado si sono precipitati a escludere che quel modo di intendere la sessualità li riguardasse. Roba vecchia, pure rozza e volgare. Una questione personale, anche se capace di procurare guai con l’Europa, i mercati, gli investitori e lo spread (e Berlusconi vuole liberarsi, nei suoi sussulti – “Esco dal Pdl, sto nel Pdl ma non mi candido a premier, torno in campo”- da quella zavorra: “Avete visto che lo spread non era colpa mia?”).

Io aggiungerei che le democrazie per certi spettacoli non comprano il biglietto: l’affermazione di Casanova “Sono un uomo libero” o il rifiuto di Don Giovanni ai richiami della Statua “Pentiti, cambia vita” hanno pochi spettatori. E comunque, Berlusconi non ha molto da spartire con il gioco teatrale dell’uno e la disperata misantropia dell’altro.

Nei discorsi correnti la sessualità viene sfiorata dalle inchieste cretine: Quante volte fate l’amore? Come vi piace farlo? Mentre lo spettro che agita i sonni maschili è quello di mostrarsi inadeguati. Se tutto gira intorno alle prestazioni e se le prestazioni sono una conferma del potere, l’abbassamento del desiderio sta sempre in agguato.

La cultura del nulla oppure i demoni sessuali di “Shame”: intorno la solitudine. “Avete rovinato tutto, voi del Sessantotto. Non c’è più erotismo, né etero né omosessuale”. La distruzione della struttura autoritaria avrebbe spazzato via il brivido del nascosto, del proibito. Senza divieti, il disciplinamento della sessualità è scomparso. Seguono rimpianti, sospiri per una mitologia passata.

Per le donne non è stato così. Però all’incontro femminista di Paestum su quella sessualità di cui avevano continuato a scrivere e a ragionare è calato il silenzio.  “Non riesco a pensarci nella mia condizione di precaria” ha ribattuto una ragazza. Crisi, contesto economico recessivo, assenza di lavoro: per Marx sono le condizioni materiali a plasmare l’essere sociale. Dunque, non si può pensare desiderare in modo diverso da quello dettato dal proprio reddito?

Non mi convince. Come non sono convinta che ogni volta dobbiamo ripartire dalle riflessioni politiche, pur importanti, di trenta anni fa.

A Paestum c’erano tante donne di diverse generazioni che provavano curiosità per ciò che l’altra diceva, anche senza necessariamente trovarsi d’accordo. Circolava piacere nello stare insieme, nell’esserci fisicamente, nei corpi legati da una relazione materiale e simbolica produttiva di agio. Che sprigionava energia. Non è che in questa pratica delle relazioni non ci fosse sessualità. Le donne lo sapevano bene, poiché hanno percorso una lunga strada. Il guaio, semmai, è che gli uomini della loro sessualità non  parlano.

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