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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Le scope della Lega

11 Aprile 2012
di Alberto Leiss

Le scuse e le lacrime di Bossi per il comportamento dei figli di fronte a una platea di militanti leghisti in buona parte armati di scope per “fare pulizia” è un’altra spettacolare immagine del cambio di fase che stiamo vivendo.

Si aggiunge a quella dei cortei in festa per le strade di Roma la sera che Berlusconi annunciò le sue dimissioni.

E’ finita un’epoca, ripetono titoli e commenti sui giornali e in tv.

Ma quale epoca sarebbe finita? Quella del “berlusconismo”, e della sua singolare alleanza con la Lega di Bossi?

Vale la pena di ricordare – in sintesi – quanto Bossi e il suo movimento abbiano pesato nella vicenda politica italiana dopo la cesura dell’89.

I successi elettorali – del tutto imprevisti – dei leghisti provocarano la prima grave crisi del pentapartito che regnava al termine della “Prima repubblica”. In quel vuoto di potere si sviluppò l’iniziativa giudiziaria contro “tangentopoli” mentre i deputati “del Nord” agitavano il cappio in Parlamento. Fu la cosiddetta “rivoluzione italiana”: quasi un intero ceto politico venne spazzato via.

Bossi quindi fece vincere Berlusconi nel ’94, poi affossò dopo pochi mesi il suo governo urlando nelle piazze che il Cavaliere era un mafioso. Determinò – non alleandosi con Berlusconi – la vittoria di Prodi nel ’96, e quindi la sconfitta del centro sinistra nelle due legislature in cui si affermò invece il “patto” con l’uomo di Arcore.

Difficile, infine, dimenticare le frasi in tv del ministro dell’Interno Maroni – l’uomo che oggi emerge per salvare il salvabile di quel partito – qualche giorno prima delle dimissioni del Cavaliere, sul fatto che era ormai tempo di prendere atto che la maggioranza non c’era più.

La Lega potrebbe persino rimanere determinante – a suo modo – nei prossimi scenari politici del bel paese.

Ma il fatto è che l’epoca al tramonto potrebbe essere non solo quella di Bossi e Berlusconi. Un vecchio amico, dirigente del Pd, e in passato del Pci, il giorno in cui è esploso lo scandalo Belsito, ha commentato: questo è un bel guaio per tutti noi…

E infatti sotto processo, per l’uso dei finanziamenti pubblici, sono attualmente tutti i partiti, presi dalla frenetica fretta di dimostrare all’opinione pubblica che si varerà qualche immediato provvedimento per diminuire e rendere più trasparenti bilanci, spese, emolumenti ecc.

Mentre anche il ruolo dei “tecnici” vacilla sotto l’incubo dello spread che si rialza e dopo gli errori commessi nella trattativa sulla riforma del mercato del lavoro – Monti e Fornero dovevano cercare una soluzione condivisa subito – è tutta la politica dei partiti e delle istituzioni che rischia il fallimento.

Sul manifesto si è aperto un nuovo dibattito su un documento che, di fronte alla crisi, invoca nuovi metodi e nuove pratiche politiche nel nome dei “beni comuni”. Ci sono scritte molte cose anche condivisibili. Ma l’idea alla fine è quella di costituire l’ennesimo “nuovo soggetto politico”, ancora un altro partito.

Le scope agitate dai militanti della Lega possono invece evocare soluzioni diverse, più “domestiche” ma anche più radicali. Rimettere in campo soggettività e relazioni non di potere, cambiare a partire da sé e dalla capacità di coinvolgere altre e altri. Sperimentare pratiche politiche nuove, che possono poi contaminare anche i partiti e le istituzioni, ma senza assumere necessariamente la logica e le regole della rappresentanza.

“Se c’è una cosa che il nostro tempo sta finalmente capendo, dopo che il femminismo ne parla da quarant’anni – scrivono le donne dell’Agorà del lavoro di Milano – è la necessità di mettere in gioco la soggettività per cambiare la politica”. Non è probabilmente un caso che anche in quella scena bergamasca di lacrime e di grida rabbiose sia stata rappresentata una amara sconfitta maschile e paterna.

 

 

 

 

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