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Microcritiche/ Arte in giostra e la Napoli di Parrella

6 Febbraio 2012
di Letizia Paolozzi

Roma, al Macro, due giostre di Carsten Holler (fino al 26-02-2012)

Potremmo chiamare questo “Double Carousel with Zollner Stripes” “la capa gira”. Si sale su una giostra, anzi, bisogna essere in due per incontrarsi e dirsi addio sui vecchi seggiolini da Luna Park dei due caroselli  che lentamente marciano in senso opposto abbracciati da uno spazio psichedelico. Qui niente va come si presupporrebbe. Il senso di vertigine, di confusione che proviamo, viene accresciuto dalle pareti a losanghe proprio per confondere le coppie che si avvicinano e subito dopo, a causa di queste macchine “della confusione”, sono portate a separarsi. D’altronde per l’artista tedesco che vive in Svezia si tratta di una “slow art”:  immensa scultura mobile, un “ready-made” illuminato grazie a Enel Contemporanea. Saliamo su queste macchine del tempo che risucchiano la forza di gravità, costringendo alla perdita delle coordinate temporali. Risultato, l’imposizione della vertigine scardina le nostre sicurezze di spettatori invitati a fare la nostra parte, purché in possesso di una buona disposizione d’animo per il disorientamento della e nella realtà.

“Lettera di dimissioni” di Valeria Parrella, Einaudi, 2011

La protagonista, Clelia, aveva pretese molto alte ma poi comincia a scegliere “il male minore”. Si adegua, insegue il potere, accetta i compromessi. In una città che ancora ricorda come sia stato caldo il respiro del 68, quando si sceglieva tra bene e male e non si commerciava scommettendo sull’esistenza. Si intrecciano e forse sono la parte meno consistente del romanzo, amori poco credibili, una carriera fulminante nel teatro, vernissage e incontri che si suppone cambino la vita. Ma non è vero. A Stoccolma incontro con la Regina che “avevo presa per un’insegnante del Collegio reale della Musica”. Sullo sfondo Napoli, quella meravigliosa e quella di Pianura “sversatoio colmato dei rifiuti di ogni dove del paese”. C’è anche un accenno alla figura di Bassolino. Tuttavia per Parrella riesce difficile sporcarsi le mani con la realtà. La scrittura ne risente.

 

 

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