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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Quando muore il soldato Jane

6 Novembre 2011
Pubblicato su "Europa" il 2 novembre 2011
di Franca Fossati

 Ashley White, 24 anni, americana dell’Ohio, è stata uccisa in Afghanistan dieci giorni fa. E’ la prima donna-commando a morire in missione. “La sua morte alza il velo su un segreto che il Pentagono ha gelosamente custodito per quasi un anno. Risale infatti al novembre 2010 l’inizio dell’addestramento del primo gruppo di donne soldato assegnate alle truppe speciali” (Maurizio Molinari, La Stampa, 27 ottobre). Compito di Ashley, come delle altre nelle unità combattenti, era perquisire le afghane sotto il burqa, entrare nelle case per verificare che non vi fossero armi, interrogare donne e bambini. L’esplosione di un ordigno-trappola lasciato dai talebani l’ha uccisa insieme con due compagni.

Anche l’Australia ha deciso che le donne soldato possano partecipare a tutte le azioni, come gli uomini. “In prima linea, a combattere, ci andranno i migliori, senza badare di quale sesso siano” ha detto il Ministro della Difesa (franceschini.blogautore.repubblica.it).

Delle donne soldato italiane si è molto sparlato dopo l’uccisione di Melania Rea. Accusato dell’omicidio è il marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi, istruttore delle reclute di sesso femminile e infuocato amante di una di loro. Dopo tante chiacchiere sulla “caserma dei misteri”, la Clementi di Ascoli Piceno, quella di Parolisi, la cronista del Quotidiano nazionale Natalia Encolpio ha passato due giorni in mimetica e anfibi con le altre 302 ragazze che si preparano al giuramento solenne. Mentre si addestrano sul ponte himalayano, scalano pareti e provano le armi le allieve raccontano dell’effetto devastante che ha avuto su di loro la vicenda Parolisi e degli insulti ricevuti dalla gente. Tutte rivendicano di aver scelto quel lavoro per passione. “Era il mio sogno” dice Antonella Gentili, 24 anni come Ashley White, un bimbo di 12 mesi e un marito lontano (30 ottobre).

A motivarle invece, e a spingere gli eserciti ad aprirsi alle donne, sarebbe, secondo Ernesto Galli Della Loggia, uno “sciocco concetto di parità”. Ne scrive sull’ultimo numero di Style, mensile del Corriere della sera, e sostiene che è tutta colpa del femminismo. Anche se il pensiero femminista, quello italiano in particolare, ha esaltato la differenza più che la parità. Pur rispettando la libertà di chi vuole realizzare i propri desideri, anche quelli “scioccamente” paritari. Per argomentare “il non-senso delle donne soldato” Galli Della Loggia cita lo storico militare Martin Van Creveld. Per quest’ultimo le donne si infortunano di più, non reggono le marce, sono psicologicamente inadatte. Nocive quindi alle forze armate.

Forse i soldati alle prese con il burqa non la pensano così.

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