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L’aborto non è una bandiera

27 Ottobre 2011
Pubblicato su "Europa" il 26 ottobre 2011
di Franca Fossati

Il cittadino cinese Chen Guangcheng  era stato condannato a 4 anni e tre mesi di prigione per aver denunciato 130 mila aborti e sterilizzazioni forzate nello Shandong, nonostante che la legge nazionale li vieti. Scontata la pena ora è agli arresti domiciliari. Ma su Internet sono decine gli autoritratti fotografici che solidarizzano con lui. Tutti volti con gli occhi coperti da occhiali scuri. Chen infatti è cieco. La sua storia è su lettera 43.it raccontata da Cecilia Attanasio Ghezzi.

In Italia la legge 194 rischia di essere vanificata: i medici obiettori sono oramai il 70, 7 per cento. Tra i pochi non obiettori molti sono vicini alla pensione, mentre i nuovi assunti optano per l’obiezione. Anche per non essere costretti a turni massacranti e per non trovarsi penalizzati nella carriera.

E’ Maria Novella De Luca a lanciare l’allarme su Repubblica (20 ottobre) e a far notare che, mentre calano le interruzioni di gravidanza entro le 12 settimane, cresce, anche se di poco, il numero degli aborti terapeutici (sono circa il 3 per cento). Quelli più difficili e drammatici per le donne e per gli stessi ginecologi perché si tratta di interventi effettuati oltre la ventesima settimana, in seguito a diagnosi di malformazioni del feto.

Sono aborti “eugenetici” come sostiene Giuseppe Noia, presidente dell’Associazione Medici cattolici (Repubblica, 20 ottobre)?

Una questione che meriterebbe un’approfondita inchiesta e una riflessione che tenga conto di quello che De Luca definisce il  “businnes della medicina prenatale”. Riaprire il dibattito toccherebbe alle donne, perché c’è un sapere che è solo loro. Sanno che la maternità è un processo che avviene nel loro corpo, è il divenire di una relazione  e non un principio, neutro e falsamente universale.

 Ma riparlare seriamente di aborto è reso impossibile da chi non perde occasioni per farne una bandiera identitaria. Come Giuliano Ferrara che su Il Foglio (22 ottobre) se la prende con la Chiesa cattolica che non ha voluto enfatizzare la sentenza della Corte di giustizia europea che vieta la commercializzazione della ricerca sugli embrioni umani. Secondo Ferrara quella sentenza “autorizza la comparazione morale e giuridica tra un embrione, da salvaguardare quando gli scopi siano di ricerca, e un feto o bambino non nato, ma già nutrito e accudito, da sacrificare quando l’orizzonte sia quello della libertà femminile e maschile di controllare la riproduzione”.

 Fino a che gli aborti forzati in Cina, gli embrioni congelati nei laboratori e le interruzioni di gravidanza scelte liberamente dalle donne saranno racchiusi nell’unica definizione di “omicidi seriali” c’è niente da discutere e da confrontarsi.

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