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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Donne al governo, se lo dice un giudice

20 Luglio 2011
Pubblicato su "Europa" il 18 luglio 2011
di Franca Fossati

Al sindaco di Bari Michele Emiliano non piace essere paragonato al sindaco di Roma. Anche nella sua giunta c’è una sola donna (su 12), ma nessuna legge è violata. Lo statuto  si limita a stabilire che la giunta “deve garantire la presenza di ambo i sessi”. Inoltre, scrive il sindaco su facebook, “nel 2004 ho messo in giunta 6 donne e nessuna di queste è stata eletta nel 2009 ed alcune non si sono neppure ricandidate” (Baritoday.it, 18 luglio).
Colpa delle donne, allora? Nella capitale lo statuto è più cogente: deve essere garantita “una presenza equilibrata di uomini e donne”. Per questo il Tar ha azzerato la giunta. Una donna sola non riequilibra. E neppure due secondo la Commissione delle elette e i Comitati di “se non ora quando” (L’unità, 17 luglio). Basterà, se una diventa vice sindaco? (Corriere della sera, 19 luglio).

Sta di fatto che l’ingresso di una donna obbliga un uomo a lasciare. “Una sentenza formidabile –scrive Marina Terragni- che esprime lo spirito del tempo” (blog.leiweb.it). Ma è davvero vittoria pennellare di rosa le giunte per ordine del giudice?

“Eletta in quanto donna? Penso che mi vergognerei” sentenzia Annamaria Bernardini de Pace (il Giornale, 16 luglio). Il suo punto di vista è un “classico” di chi si è affermata nella professione. “Le quote mi fanno orrore”, ribadisce Emma Bonino, “perché non costituiscono un punto di arrivo per le donne, ma una malinconica riserva indiana”. Piuttosto occupiamoci, dice Bonino, dello scippo dei 4 miliardi risparmiati con l’equiparazione dell’età pensionabile delle donne della PA (Il Messaggero, 16 luglio).

Le quote un punto di arrivo? Bonino sbaglia, replica su facebook Emilia Rossi, giurista di area liberal-radicale, “sono piuttosto un punto di partenza”. Annoso dibattito. “Un po’ d’innovazione dall’alto non fa male, apre spazi, discussioni e coscienza di sé, diritti” scrive Aldo Bonomi su Il Sole 24 ore (17 luglio).

Per Davide Giacalone invece il difetto è negli statuti dei comuni: essere obbligati a rispettare la presenza equilibrata “di maschietti e femminucce equivale ad essere consumatori compulsivi di fumosità politica, altamente intossicante per la mente”. D’altra parte Giacalone dubita che l’Italia sia maschilista, “vedo – scrive – molti maschi ridotti a essere la parodia del maschio” (Libero, 16 luglio).

Il che non toglie che siano abbarbicati alle poltrone. Per Francesco Merlo invece la “giunta maschilista” di Alemanno è “come l’evasione fiscale di Al Capone”. Insomma “una buccia di banana su cui è finalmente scivolato il sindaco” (la Repubblica, 16 luglio). Ecco un tipico esempio di interpretazione strumentale e maschile delle quote rosa.

 

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