Due giovani (belle) donne camminano affiancate cariche di borse della spesa. Sono stanche, hanno il fiatone. Ma ugualmente commentano la condizione femminile in Italia: le donne studiano di più ma fanno fatica a trovare lavoro. Se lo trovano sono pagate di meno. Lavorano il triplo tra casa e ufficio e se fanno figli le licenziano. “Il 13 febbraio -dice la ragazza bruna- abbiamo portato un milione di persone in piazza”… “E abbiamo cambiato il corso della politica nel nostro paese” aggiunge quella bionda. “Adesso senza le donne non si governa..” dice la bruna, “Facciamo dell’Italia un paese per donne”, la bionda.
Così, in sintesi, lo spot girato da Cristina Comencini per un invito ambizioso: gli Stati generali delle donne promossi dalla rete di “Se non ora quando”. “Il 9 e 10 luglio”- esortano infatti Valentina Lodovini (la bruna) e Claudia Pandolfi (la bionda)- “molla tutto e vieni a Siena”. Le borse della spesa restano a terra e le due ragazze corrono via abbracciate (senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com).
Chi andrà a Siena? “Siamo tutte invitate, del Sud, del Nord, di sinistra e di destra -dice Cristina Comencini- a raccontare che cosa è cambiato”. E cioè? “Nel 2011 la condizione femminile è tornata al centro dell’interesse. Anche gli uomini si sono stancati di vedere rappresentate le donne solo come corpi: è stato il primo passo” (Repubblica, 19 giugno).
Il primo?
Chi si sente almeno al milionesimo (passo), chi crede che, come dice Rosetta Stella (donnealtri.it), “il cantiere dell’egemonia femminile esiste già”, e da tempo, rimane un pò sconcertata. Sono però in molti a considerare la manifestazione delle donne del 13 febbraio l’inizio di quel “l’Italia s’è desta” del duo Santoro/Benigni che tanto entusiasma le folle di sinistra. Anche se, avverte Ida Dominijanni citando Fabio Mussi, rischia di scattare “l’asimmetria fra il cambiamento culturale e quello politico tradizionalmente inteso” (il manifesto, 19 giugno).
Dominijanni teme che il PD si rivolga al famigerato Centro invece che ai movimenti. Ma questi movimenti oltre a testimoniare il disagio sociale, la protesta, la speranza, esprimono davvero cambiamento culturale? Bastano i nuovi sindaci, le giunte bisex e i referendum a certificarlo? Basta che i giovani comunichino via facebook e si sottraggano ai messaggi delle tv “di regime”, se poi i contenuti che li attraggono sono vecchi e nostalgici?
Gli Stati generali delle donne potrebbero essere un’occasione, al di là degli slogan, per fare emergere – soprattutto riguardo al lavoro- contenuti e progetti innovativi. Idee coltivate finora in luoghi poco visibili.