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La falsa Amina e le vere ribelli

17 Giugno 2011
Pubblicato il 15 giugno 2011 su "Europa"
di Franca Fossati

E così Amina non è la blogger siriana perseguitata perché dissidente e perché lesbica. Amina, quella Amina, semplicemente non esiste. Si chiama infatti Tom MacMaster, quarantenne americano, sedicente pacifista. Scovato dal Whashington Post si è difeso dicendo che anche se la voce narrante è una finzione, i fatti narrati sono veri. Dobbiamo credergli? Perché no- leggiamo su femminismo-a-sud.noblogs.org– visto che “per una volta un uomo ha usato un nome da donna per raccontare bene le donne e le lesbiche”?
In realtà la Rete, che pure è strumento decisivo per le rivolte del Nord Africa, è piena di messaggi contraddittori, fonti non verificabili ed è talvolta veicolo di vere strategie di disinformazione. Come quella orchestrata dal regime siriano di cui ha parlato Trombetta su questo giornale e Paola Peduzzi con Daniele Raineri su Il Foglio (10 giugno). La rivoluzione siriana, scrivono, “sta diventando una lotta tra fonti” e altrettanto ambigue appaiono le informazioni diffuse sia dal regime libico che dai ribelli di Bengasi.
Ma anche se Amina, quella Amina, non esiste è certamente vero che le donne stiano giocando una grande partita nella primavera araba. L’hanno raccontato “fonti” in carne e ossa, intellettuali maghrebine venute a Roma per il convegno “La speranza scende in piazza” organizzato da Il Manifesto.
Ci hanno spiegato che la partecipazione femminile alle rivolte non nasce dal nulla, ha una storia dietro le spalle, ma che è adesso la fase più delicata. “Per noi -dice la giornalista tunisina Sihem Bensedrine a Marina Forti de Il Manifesto (10 giugno)- la transizione è una sfida più difficile perfino della rivoluzione stessa”. Le donne però possono già vantare un successo: l’aver imposto che alle prossime elezioni della Costituente tunisina le liste siano composte di un ugual numero di uomini e donne alternati.
Niente elezioni invece, per ora, alle donne dell’Arabia Saudita, ma almeno il diritto di guidare l’auto. Lo rivendicheranno il prossimo 17 giugno, come ha raccontato Tiziana Barucci qui su Europa (10 giugno). Anche nello Yemen, lo stato più povero dei paesi arabi, dove solo il 31 per cento delle femmine viene iscritto alla prima elementare, a scatenare le proteste di metà febbraio è stata proprio una donna, Tawakkol Barman, direttrice dell’Associazione “Donne senza catene”. Jamila Ali Raja, attivista yemenita per i diritti delle donne, ha detto a Farian Sabahi che non si tratta ancora di emancipazione, “dovremmo accontentarci di parlare di partecipazione delle donne alle rivolte” (Io donna). Donne che però non vogliono più essere usate per far numero e che, anche in Yemen, vorrebbero “avere un ruolo nel riscrivere la Costituzione”.

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