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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Donne e uomini e il “vento che è cambiato”

1 Giugno 2011
di Alberto Leiss

Appena conosciuta la sostanza dei risultati dei ballottaggi, lunedì pomeriggio, ho scritto il mio pensierino su Facebook:
“Brindo alla vittoria dei cittadini che hanno dimostrato di avere cervello. Alla faccia di tutte le sciocchezze sulla mutazione antropologica elucubrate anche da tanti sedicenti intellettuali di sinistra ossessionati dalle tv del Cavaliere….”
Dopo un po’ è arrivato il commento di un’amica genovese, Ivana Canevarollo, ex collega in Comune:
”Saprà il centro sinistra interpretare questa quasi urlata esigenza di cambiamento?? Ha vinto la società civile e le donne…e domani al vertice PD genovese per delineare la nuova linea politica parteciperanno 13 segretari di cui uno è…….DONNA, incredibile, ma vero!!”.
A distanza di due giorni, con commenti, dichiarazioni e prime analisi del voto circolate sui media, queste impressioni a caldo mi sembra che restino fondate.
E’ stato detto che il voto di Milano e di Napoli è un problema per il Pd, che vincono forze “estremiste” ecc. Non credo che sia vero. Certo a Napoli la situazione è complessa. De Magistris però finora si è mosso come politico assai più accorto del magistrato. Ha impersonato una rottura necessaria anche con l’eredità del governo del centrosinistra, ma ha cercato di parlare con tutti, e ha ricevuto appoggio anche da moderati e riformisti. Il Pd ha fallito le primarie, e deve ricominciare da capo. A Milano Pisapia offre un volto nuovo, anche se ha i suoi anni, e sente giustamente l’esigenza di correggere paternamente le sparate eccessive di Vendola.
Anch’io penso come Ivana. I cittadini hanno quasi urlato una esigenza di cambiamento, e la sinistra ora deve dimostrarsi all’altezza del compito. Intanto mettendo in soffitta il cattivo umore, la litigiosità e la rancorosità che – nel suo ceto politico e intellettuale – ha coltivato troppo a lungo. L’idea che il dominio televisivo, il “regime” di Berlusconi avesse profondamente “corrotto” gli italiani si è dimostrata tutto sommato più una giustificazione delle proprie debolezze che una fondata analisi sociale e culturale. Nella voglia di cambiamento c’è una cifra radicale, una spinta che scavalca quel che resta dei partiti, ma anche la richiesta di buon senso e di concretezza di fronte a una crisi che produce ansia e sofferenza per tante persone. Hanno vinto Pisapia e De Magistris, ma anche Fassino e Merola. E tantissimi candidati del Pd, che a Milano è stato correttamente al gioco delle primarie – del resto sono pur sempre una sua invenzione. Giusta anche la scelta di Bersani di concedersi un po’ di autoironia e di buon umore, complice Crozza, e di sostenere – in queste ore – che sarebbe maglio andare a votare.
Non ci terrei proprio a vedere ora un Tremonti che si mette al posto di Berlusconi.
A proposito del Cavaliere: paga il cattivo governo – come gli è già sistematicamente capitato in passato – paga la propaganda estremistica, e – ne sono convinto anche se la cosa è per lo più rimossa nei commenti ufficiali – i suoi comportamenti verso l’altro sesso.
Ivana ha anche ragione a aprire un problema sulle donne. Penso che la rivolta contro Berlusconi – annunciata dalle parole della moglie – abbia avuto altri due segnali spettacolari e politici: la vittoria a Sanremo di Vecchioni ( con una canzone di amore e di protesta), la manifestiazione del 13 febbraio promossa dalle donne. La politica dei partiti e delle istituzioni – non solo il Pd a Genova – non accoglie le donne, e le donne hanno desideri diversi rispetto alla politica. Quando leggo – sul Secolo XIX di oggi, 1 giugno – che un “Comitato delle donne” di Milano chiede in prima battuta posti di comando al 50% nella Giunta e nelle società del Comune, e che Pisapia per ora dice: sì farò una Giunta col 50% di donne, penso che va bene ma che qualcosa non mi torna.
Certo, la politica monosex maschile ormai è impresentabile, indigeribile, mi auguro anche per sempre più uomini. Ma è sufficiente rispondere con una percentuale paritaria nei posti di potere? Quell’”urlo” che chiede il cambiamento sollecita un nuovo discorso politico, nuove idee e parole per cambiare le relazioni tra uomini e donne nella politica e per una nuova relazione tra il desiderio e il potere nella politica.

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