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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Se le donne comandano in guerra

12 Maggio 2011
Pubblicato l'11 maggio 2011 su "Europa"
di Franca Fossati

“Signora Clinton” chiede Lucia Annunziata, “in questa guerra molte donne ricoprono posizioni di comando (…). E’ la guerra ad aver cambiato natura o sono le donne ad aver cambiato natura?”.
Il tema è l’intervento militare in Libia. Due donne forti, risolute, dalle facce vissute, di chi ha un percorso intenso di vita alle spalle, che parlano del mondo. Un’immagine rivoluzionaria in tv. Chi (soprattutto se donna e femminista) stava guardando la scorsa domenica la trasmissione “In ½ ora” ha aspettato con una certa trepidazione la risposta. Probabilmente è restata delusa.
Clinton ha detto con orgoglio che è la prima volta che una donna generale, (Margareth Woodward), ha raggiunto l’esperienza e la competenza necessarie per dirigere un attacco aereo. E ha aggiunto che “è un ottimo momento essere donna, oggi, nel XXI secolo”.
Nessuna concessione all’utopia pacifista, neppure per dire che in certi casi la guerra è il male minore. Nemmeno il tentativo di dire che la guerra condotta da una donna è meno crudele (d’altra parte non era proprio una donna generale a essere responsabile di Abu Ghraib?).
Anzi. Quando Annunziata le chiede: “E lei non ha paura di essere al comando di una guerra?” Clinton risponde senza esitazioni: “No, io non ho paura, ma è una scelta personale” (l’intervista è stata integralmente pubblicata su La Stampa, 8 maggio).
Nei giorni scorsi molti (molte soprattutto) avevano dato un valore simbolico a quella mano davanti alla bocca di Hillary Clinton nella foto storica con Obama e lo staff presidenziale (tutti uomini) che assistevano all’operazione dei Navy Seals. Segno di sgomento femminile? Nient’affatto. Colpo di tosse dovuto all’allergia, ha precisato la Segretaria di Stato.
Una vera e propria “ritrattazione”, scrive Giancarla Codrignani (Il Paese delle donne on line), “perché quando diventiamo pari nel potere omologhiamo perfino i sentimenti”. Stessa sindrome quella di Angela Merkel che si è “rallegrata” del fatto che “si sia riusciti a uccidere Bin Laden”?
Un’espressione che ha suscitato polemiche in Germania, anche nello stesso partito, cattolico, della Cancelliera: non si può gioire per l’assassinio di un uomo, per quanto terrorista sanguinario (Loccidentale.it).
“Riti di guerra” li definisce Elettra Deiana, che “entrano nell’immaginario collettivo e nel cuore di ognuno di noi, rendendo compatibili gli orrori della guerra con l’umano sentire” (donnealtri.it).
La domanda è: potremo mai farne a meno? Ci saranno donne del potere e della responsabilità che riusciranno a metterli in discussione?

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