Apprendiamo, dopo il gravissimo attentato a Gabrielle Gifford, deputata democratica e bandiera dei prochoice sul tema dell’aborto, che il suo nome era il terzo nella terribile “target list” compilata da Sarah Palin. La lista nera di Palin, diffusa a spron battuto dagli aderenti ai tea party, si candida ad assumere i connotati del peggiore incubo americano: la violenza come stigma dell’autodeterminazione, orgoglioso retaggio della frontiera.
Sorprende l’automatismo delle reazioni. Certo, siamo di fronte a un debole di mente, come nel caso di John Lennon e – forse – di Bob Kennedy. Il tutto guarnito dalle (per noi) solite “americanate”: il mescolarsi alla pazza folla di candidati in pericolo, la quotidianità dell’acquisto e possesso di armi, l’odio fobico in Arizona per una immigrazione illegale oltre il livello di guardia, ecc.
Tuttavia in questa strage politica c’è qualche cosa che richiama la nostra attenzione in modo speciale e ci mette in guardia: de te fabula narratur, dicevano gli antichi, consumati esperti di auspici e premonizioni.
E’ vero che da noi l’omicidio politico ha conosciute altre forme, anche se certo non meno tragiche, come sta lì a ricordarci l’assassinio di Moro, che ha cambiato per sempre la storia della nostra repubblica. Da noi aggressioni e attentati assumono quasi sempre – con esclusione degli anni di piombo – la dimensione simbolica. Da noi si preferisce assassinare la reputazione e fin la memoria dell’avversario: il comunista servo di Mosca o – più direttamente – della propria insaziabile invidia sociale, ovvero il ripugnante lacchè del padrone di turno. Almeno così pare.
Eppure l’Italia è l’unico paese europeo – ci ha di recente ricordato il saggio di Roberto Esposito Pensiero Vivente, origine e attualità della filosofia italiana – in cui due filosofi di grande levatura come Antonio Gramsci e Giovanni Gentile sono morti, nel XX secolo e non nell’antico regime, per ragioni squisitamente politiche…Come se la passione politica costituisse da noi una miccia che continua ad alimentare, sotto traccia, un fuoco sempre sul punto di avvampare…Come l’insurrezione di piazza a Parigi o lo scandalo politico a sfondo sessuale a Londra.
In ballo c’è sempre la parte “rettile” del nostro cervello: nelle uccisioni simboliche, come nei più cruenti assassini a mano armata. Dunque la strage dell’Arizona suscita e deve suscitare tutto il nostro allarme: perché anche negli Usa, tutti rigorosa autodeterminazione e concretissima nuova frontiera, la mano di ogni invasato è armata – nell’individuare il bersaglio – dalle campagne d’odio orchestrate da chi crede di trarre vantaggio dall’appello alla parte “rettile” del nostro cervello.
Una parte “rettile” che unisce qui l’appeal affettivo e il potente richiamo erotico di una donna bella e appassionata come la ex governatrice dell’Alaska. “Io porto sempre a conclusione ciò che inizio” commentava ridendo Palin l’uccisione davanti alle telecamere di un mansueto caribù… Born to kill al femminile?