Non è strano che per la donna che si prostituisce esistano molti “nomi” – prostituta, puttana, escort, mignotta, bagascia, troia, lucciola ecc. – per lo più infamanti, mentre per l’uomo che paga per comprare il suo corpo circola finora solo il neutro sostantivo “cliente”?
Pone con una certa veemenza questo interrogativo linguistico l’avvocata torinese Romana Viliani: come chiamiamo il “lui” della situazione? Sono stanca di sentire dire “clienti”. Cliente è chi compra un prodotto da un’azienda o in un supermercato, non “chi acquista carne umana: il corpo è un valore fondamentale della vita”.
Si vorrebbe insomma un nome eticamente più impegnativo. Ma la parola non viene. “Prostituente”, oppure “prostitutore”, azzarda Marco Deriu. Tra i presenti qualcuno dice :“Silvio!”, suscitando ilarità. C’è poco da ridere, però.
Lo scambio si svolge domenica 10 ottobre a Torino, nell’incontro organizzato sul tema prostituzione e tratta dall’associazione maschileplurale, con la partecipazione di associazioni che si occupano attivamente di combattere la schiavizzazione di chi si prostituisce, di tutelarne i diritti e la salute, di agire per sostenere chi da quella condizione vuole uscire.
Il confronto – molto intenso – con le associazioni è stato preceduto da una giornata di riflessione e di scambio tra una trentina di uomini di maschileplurale. Alle spalle anche un lavoro di discussione nei gruppi maschili di diverse città: Torino, Bari, Roma, Verona, Pinerolo, Napoli.
La questione linguistica sollevata individua probabilmente un salto simbolico che sta avvenendo nel senso comune. Il ricorso alla prostituzione non è più considerato “normale”. Il comportamento del “cliente” non è più accettato come una cosa lecita.
Persino nella laicissima e tollerante città di Genova il Comune adotta un’ordinanza per reprimere la prostituzione di strada: le multe previste sono di 150 euro per la donna che “adesca” e di 200 per l’uomo che “compra”. Una iniziativa al limite della legalità (e un’associazione di “lucciole” che si chiama “Le Graziose” – ricordate De Andrè? – ha già annunciato ricorsi giuridici), infatti la prostituzione non è un reato. Ma in quella differenza di 50 euro forse si nasconde, come il diavolo nei dettagli, un giudizio più negativo verso la “domanda” di prostituzione rispetto all’”offerta”.
Tra gli intervenuti a Torino Lele Galbiati ha osservato che comunque il diffondersi di una discussione sui “clienti” ha favorito l’emersione di un fenomeno prima abbastanza “invisibile”. Ma soprattutto gli scambi tra gli uomini di maschileplurale hanno convenuto su un punto: una iniziativa rivolta a aprire uno scandaglio su “quell’oscuro soggetto del desiderio” rappresentato “dall’immaginario maschile nella domanda di prostituzione” deve presupporre la continuità tra l’esperienza sessuale degli uomini, clienti effettivi o potenziali che siano.
Tanto più che, come ha insistito Claudio Magnabosco, da anni impegnato con Isoke Aikpitanyi nell’attività dell’associazione “Le ragazze di Benin City”, nella lotta contro la tratta è decisiva proprio l’azione di clienti che solidarizzano con le giovani sfruttate che hanno conosciuto sulla strada.
Gli spunti di riflessione sono stati molteplici e dovranno essere meglio documentati e ripresi. Anche perché la “due giorni” torinese è stato un inizio. Un lavoro dovrà seguire.
Ne cito alcuni – riassunti nella mattinata di scambio con le associazioni – da Alessio Miceli (presidente di maschileplurale).
Il denaro nella relazione sessuale ha il ruolo di un “preservativo” rispetto al “rischio” di una vera intimità, di una messa in gioco nello scambio tra persone. Il denaro è anche medium di una complessa relazione di potere. C’è il dominio dell’acquirente maschio, ma anche la “malinconia” – secondo Nino Digiosa – di una sessualità maschile incapace di riconoscere la possibile ricchezza del proprio desiderio.
Naturalmente sono stati fatti fondamentali distinguo: gli uomini devono essere consapevoli che possono incontrare giovani minorenni e schiavizzate. Nessuna giustificazione per una rimozione di questo terribile aspetto della questione. D’altra parte esiste anche il caso di prostitute che scelgono “liberamente” questo tipo di rapporti, e altrettanto “libera” può essere considerata la scelta maschile di comprare un rapporto sessuale. Ha scandagliato questo tipo di relazioni con radicalità critica e etica Roberta Tatafiore.
Per Stefano Ciccone non può esserci “moralismo, ma nemmeno indifferenza per la mercificazione”. La sessualità è un terreno per la “critica e il conflitto politico”.
Posizioni articolate anche nel mondo delle associazioni. Se per Esohe Agatise di “Iroko”, impegnata contro la tratta, sono davvero poche le donne che in modo realmente “libero” scelgono di prostituirsi, e la condizione di violenza attuale è tale da farle dire: “se fossi un uomo me ne vergognerei. Per questo apprezzo molto la vostra iniziativa”, per Rosanna Paradiso, di “Tampep”, bisogna insistere sull’esigenza di azioni – soprattutto rivolte alle donne che esercitano la “professione” negli appartamenti e non sulla strada – volte comunque a garantire sicurezza igienica e rispetto dei diritti. Esistono anche le storie femminili di chi, grazie ai guadagni venuti dalla prostituzione, riesce a emanciaparsi da condizioni di sottomissione e violenza ancora peggiori.
Si è parlato anche di prostituzione maschile, e della condizione dei transessuali. Per i quali – è stato detto – molto spesso la scelta di prostituirsi è l’unica possibilità di sopravvivere e di affrontare anche le spese necessarie per ottenere le modificazioni fisiche del proprio corpo.
L’impegno di riflessione su di sé, e il rapporto con le associazioni specificamente impegnate sul terreno della prostituzione e della tratta, proseguirà per maschileplurale e per la rete di singoli e di gruppi maschili che all’associazione è collegata. Nel paese del “bunga bunga” una ridefinizione del desiderio maschile e delle sue rappresentazioni simboliche sembra ormai essere una sorta di emergenza e di priorità politica e civile.
L’iniziativa torinese è stata resa possibile dall’impegno di molti: un gruppo tematico specifico di maschileplurale, e il ruolo indispensabile e prezioso svolto dai componenti del “Cerchio degli uomini” di Torino, che da anni lavora sul tema della soggettività maschile, e più recentemente ha anche reso possibile l’esperienza di uno “sportello pubblico” dedicato al disagio maschile anche in funzione di prevenire la violenza contro le donne. Tra le associazioni che hanno partecipato all’incontro, oltre a quelle già citate, anche il Gruppo Abele, la Casa delle donne di Torino, “Scambiaidea”.